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Cronaca Agropoli

Furti, riciclaggio e minacce al sindaco di Agropoli: sgominato il clan, 18 arresti

I carabinieri hanno scoperto una vera e propria organizzazione criminale che faceva capo a Antonio Dolce (detto Capone) ed Enzo Cesarulo (detto ‘o cavallaro). Minacce e intimidazioni a militari, a responsabili comunali della raccolta rifiuti, al sindaco di Agropoli

Alle prime ore di questa mattina i carabinieri del R.O.S. e del Comando Provinciale di Salerno hanno eseguito un provvedimento cautelare, emesso dal Gip di Salerno, su richiesta della locale Direzione Distrettuale Antimafia, nei confronti di 25 indagati per associazione per delinquere finalizzata alla commissione di reati contro la persona e il patrimonio, furti, utilizzo indebito di carte di credito e riciclaggio immediato degli illeciti proventi ma anche di minacce aggravate dal metodo mafioso.

Il metodo ed i retroscena

Una holding familiare del crimine. “Non teneva Agropoli sotto scacco ma di sicuro si era insediata ad Agropoli, penetrando nel territorio“. Il dottore Luca Masini, Procuratore della Repubblica Vicario, ha definito “ingegnoso” il metodo utilizzato dal clan. “Utilizzavano una società ed effettuavano operazioni home banking su conti correnti finalizzati al recupero di denaro - ha detto - Ci sono tre aspetti che hanno determinato un'accelerazione nel richiedere la misura della custodia cautelare in carcere. Innanzitutto le sistematiche intimidazioni e minacce rivolte al coordinatore del sistema di raccolta dei rifiuti del Comune di Agropoli e di Comuni limitrofi. Le intimidazioni erano finalizzate ad ottenere assunzioni di familiari oppure turni di servizio non gravosi per i familiari già assunti. Le minacce erano rivolte anche ai militari della Compagnia dei Carabinieri di Agropoli, affinchè allentassero o diminuissero i controlli. Un personaggio di spicco, chiamato O' Capone, convocato in tribunale, disse ad un carabiniere: Siete sempre voi a scrivere, vedete che la vita è breve, si muore... vedete di fare il bravo”. E ancora, rivolgendosi ad un altro sottuficiale dei Carabinieri: “Sei sempre tu e quell'altro a scrivere su di noi. Smettetela, perchè qualche mio familiare potrebbe arrabbiarsi e reagire”. Abbiamo individuato tre episodi che riguardano i militari, rilevati nell'estate del 2017. Intimidazioni e minacce rivolte anche al sindaco di Agropoli, a luglio 2018. Un assedio da parte dei promotori del sodalizio, che si recarono dal primo cittadino senza appuntamento. Scardirono la porta dell'anticamera della stanza del sindaco di Agropoli perchè pretendevano di essere immediatamente ricevuti. Gli chiesero di dar conto dei provvedimenti di confisca e di sfratto di alcune opere abusive, pretendendo che non fossero eseguite e, anzi, chiedendo pure dei favori. In questo caso si ravvisa l'aggravante del metodo mafioso.

La lettera e le indagini

L'operazione è stata coordinata dal Sostituto Procuratore della Direzione Distrettuale Antimafia, Marco Colamonici.  “La situazione era diventata incandescente - ha detto - e il Gip è intervenuto con urgenza. Il sindaco scrive ai carabinieri e in maniera molto dichiara che ormai la situazione era ingestibile”. L'organizzazione criminale faceva capo a due famiglie storiche di Agropoli, cioè i Marotta ed i Cesarulo. Al centro dell’operazione le attività criminali di appartenenti ad una comunità rom che, da numerosi anni, vive ad Agropoli. L’indagine ha documentato come il gruppo fosse specializzato nel mettere in atto furti ai danni di gioiellerie situate su tutto il territorio nazionale, all’interno di autovetture e fosse in grado di utilizzare indebitamente delle carte di credito rubate. Gli inquirenti hanno accertato anche una serie di gravi minacce nei confronti sia di appartenenti alle Forze dell’Ordine sia di amministratori pubblici della cittadina cilentana. Complessivamente sono 11 le persone finite in carcere, 7 ai domiciliari, 3 obblighi di dimora e 4 obblighi di dimora e firma: dietro le sbarre sono finiti i due capi storici del clan, ossia Antonio Dolce (detto Capone) ed Enzo Cesarulo (detto ‘o cavallaro), Anna Cesarulo, Carmine Dolce, Antonio Dolce, Donato Marotta, Fiore Marotta, Silvana Marotta, Anna Petrilli, Vito Marotta (’90), Vito Marotta (’92) e Vito Marotta (’83). I carabinieri hanno ricostruito il metodo malavitoso utilizzato dal clan degli zingari, com'era definito. Sono stati ricostruiti tanti forti compiuti anche all'interno di abitazioni situate sul lungomare di Capaccio Paestum. Sono stati inoltre individuati i canali di ricettazione e riciclaggio che venivano utilizzati. 

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