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Cronaca Angri

Angri, l'ex boss Iannaco dal carcere: "Il 41 bis è una tortura"

Nella lettera inviata ad un quotidiano parla delle condizioni "anticostituzionali" del regime di massima sicurezza, durante il quale avrebbe tentato anche il suicidio. E poi del clan che portava il suo nome, oramai disciolto

"Il 41 bis è una tortura". A dirlo è Luigi Iannaco, ergastolano ed ex capo del clan omonimo detenuto in regime di massima sicurezza al carcere di Spoleto. In una lettera inviata al quotidiano "La Città", il boss descrive sofferenze e difficoltà quotidiane imposte da un regime "anticostituzionale". In 18 punti, spiega il calvario che vive da anni, che lo ha portato persino a tentare il suicidio quando era in regime di isolamento al carcere di Novara. "Rimango in questa riservata per mesi - scrive - il magistrato di sorveglianza mi dà ragione ordinando la mia rimozione ma il Dap temporeggia per mesi, fino a portarmi al punto di non ritorno. Un giorno lego la corda alle sbarre della finestra e mi salvano gli agenti di polizia penitenziaria. Qualcuno ha il coraggio di dire che questa non è tortura?". Nella lettera, sottoposta alla censura preventiva per ogni detenuto ristretto al regime del carcere di massima sicurezza, Iannaco parla anche del suo clan oramai disciolto - così come ha sentenziato anche una recente pronuncia del tribunale di Salerno - ma attivo negli anni 2000 tra i comuni di Angri, Sant'Egidio e San Marzano sul Sarno

Telefonate di soli 10 minuti con i familiari

"Dal 2008 si asserisce che è estinto. Due collaboratori del 2010 e 2011 lo dicono a chiare lettere. Eppure sono ancora al 41 bis. Perchè?". "Un padre - aggiunge - può stare nel colloquio di un'ora solo dieci minuti senza vetro divisorio, e gli altri 50 con il vetro. L'amministrazione concede il dolce di tenere il bambino per dieci minuti e poi l'amaro per il resto del colloquio. E questa non la chiamate tortura psicologica continuata. La Costituzione sancisce che tutti devono avere accesso alla sanità pubblica. Ma non aveva previsto i tagli alla sanità penitenziaria, infatti ho da anni una patologia alla schiena oramai cronica. C'è questa figura per i diritti dei detenuti, ma in questo istituto c'è una regola che viola tale diritto. Chiunque chieda un colloquio con il garante deve rinunciare al colloquio famiglia. Non è possibile protestare pacificamente, anche senza oltraggio, danni o violenza. Qui protestare ti fa essere sottoposto a consiglio disciplinare, con il rischio di 15 giorni d'isolamento e di non poter ricevere il pacco viveri. Non posso ascoltare musica con il lettore cd o mp3 perchè c'è un problema di sicurezza. Che c'entra la sicurezza? E' meglio tenermi 22 ore a spappolarmi il cervello fino a impazzire? Questa non è tortura?". Nella lettera, l'ex boss parla anche della possibilità di fare solo telefonate di dieci minuti ai familiari: "Si era fatto richiesta per svolgere la telefonata in commissariati, caserme o questure, al posto del cercare più vicino, come dice la regola. E la risposta è stata no, nonostante la distanza e i familiari anziani o malati"

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