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Cronaca Cava de' Tirreni

Estorsione e usura, sgominati tre gruppi criminali a Cava: 14 arresti

Dalla Procura Distrettuale Antimafia di Salerno segnalano la presenza all’interno delle rispettiva bande criminali di “soggetti risultati in allarmanti relazioni con appartenenti alle forze di polizia e con esponenti delle istituzioni locali"

"Il capo dal carcere mandava gli ordini e la figlia, intercettata durante i colloqui, si occupava di far arrivare l'input agli associati, così da mettere in moto un sistema a raggiera, fatto di minacce e intimidazioni". Così il pm Antimafia Vincenzo Senatore descrive in conferenza stampa il "sistema Zullo", cioè il primo dei tre gruppi criminali che è stato possibile inviduare e sgominare oggi, alle prime luci dell'alba, a Cava de' Tirreni.

Il blitz

Sono state eseguite 14 ordinanze di custodia cautelare (11 in carcere e 3 agli arresti domiciliari) per associazione a delinquere di stampo camorristico, associazione semplice, usura pluriaggravata, estorsione aggravata dal metodo mafioso, associazione finalizzata alla vendita e cessione di sostanze stupefacenti e detenzione illegale di armi da sparo. Inoltre sono state eseguite ben 52 perquisizioni domiciliari che hanno riguardato complessivamente 47 indagati e altre 5 persone. A svolgere l’operazione sono stati i poliziotti della Squadra Mobile della Questura di Salerno e del Commissariato di Cava de’ Tirreni, insieme a personale del Reparto Territoriale dei Carabinieri di Nocera Inferiore e della Direzione Investigativa Antimafia.

L'inchiesta

Il Procuratore Capo Corrado Lembo, in pensione tra poche ore, presenta la vasta operazione e al suo fianco c'è il Procuratore aggiunto Masini, prossimo a subentrargli. "Il nostro lavoro non si ferma mai - commenta Lembo - e infatti nel 2015 già indagavamo sull'esistenza di gruppi criminali con connotazioni di mafiosità. Catturammo personaggi che agivano con metodo mafioso ma non ancora raggiunti da provvedimenti". L’operazione è proseguita e dalla complessa indagine-madre, iniziata nel novembre 2015, nell’ambito della quale erano stati già emesse misure cautelari personali, si è arrivati ad un secondo passaggio cruciale: il 29 maggio 2017 vennero arrestati con l’accusa di usura ed estorsione aggravate dal metodo mafioso Dante Zullo, Vincenzo Porpora e Vincenzo Zullo. Il 14 giugno scorso, invece, sono state rinchiuse in carcere dieci persone con l’accusa di vendita e cessione di sostanze stupefacenti. Grazie alle intercettazioni, agli accertamenti e al decisivo contributo di un collaboratore di giustizia, che poi ha subito minacce ed aggressioni, insieme ad alcuni familiari, la procura ha chiuso il cerchio. 

I tre gruppi

Le deposizioni rese da due collaboratori di giustizia, uno dei quali al fianco delle istituzioni da maggio 2017 come ampiamente riconosciuto sia dal Gip che dal Tribunale del Riesame di Salerno, hanno permesso di accertare l’esistenza di tre organizzazioni criminali nel territorio di Cava de’ Tirreni e che si aggiungono a due associazioni già individuate a giugno 2018. "Tra le cinque associazioni - dichiara il pm Senatore - ci sono molti collegamenti". Il primo gruppo fa capo a Dante Zullo. Il clan, composto complessivamente da undici persone, ha commesso numerosi reati di usura aggravata, abusiva attività finanziaria, estorsione aggravata (contestati 17 episodi in totale, 13 dei quali già rilevati durante l'operazione condotta a maggio 2017), trasferimento fraudolento di valori, violenza personale. In questo modo controllava anche in modo indiretto la gestione di attività economiche. Sono stati ricostruiti 5 episodi di usura. Non avvenivano previo pagamento di tasso mensile o annuale, ma con una somma fissa da pagare fino all'estinzione del capitale, dunque per sempre. "Sine die", dice il pm Senatore. Gli altri due gruppi fanno capo a Domenico Caputano, già arrestato a gennaio 2016 per spaccio di sostanze stupefacenti. La procura è partita da quella operazione "per capire se si trattasse di singoli episodi oppure di un fenomeno associativo, come di fatto s'è rivelato. Due gruppi e lo stesso capo, con attività distinte: non solo spaccio di droga ma anche usura ed esorsione.

Il caso “Lamberti”

La raccolta delle inserzioni pubblicitarie presso lo stadio “Simonetta Lamberti” per conto della Cavese Calcio, svolta, sulla base di quanto risultava da un controllato rinvenuto nella disponibilità di Dante Zullo, da Carlo Lamberti e anche per realizzare profitti ingiusti. Tra questi spuntano l’occupazione senza titolo di un fondo agricolo situato in via D’Amico, già condotto dalla famiglia Rispoli e di proprietà della famiglia Montesano-Carlo, trasportano da suolo agricolo a pista di allenamento per i cavalli, con la conseguente realizzazione di un edificio (senza permesso a costruire), nel dicembre 2007, adibito a scuderia, e alla successiva edificazione di un ulteriore immobile abusivo adibito ad abitazione di Vincenzo Zullo (sempre nel 2017); l’occupazione senza titolo di un deposito di proprietà di Gennaro Petrolini, utilizzato da Dante Zullo, come garage per le proprie automobili; l’acquisizione di generi alimentari di Dante Zullo ed anche di Geraldine Zullo (carne, pesce, frutta) senza pagare numerosi commercianti di Cava. "Vincenzo Porpora - aggiunge la procura durante la conferenza - era ai domiciliari e commetteva reati dalla propria abitazione".

Le difficoltà e la "sveglia"

Durante la conferenza stampa, il Procuratore Lembo ha più volte parlato di operazione complessa e delicata, a causa della "resistenza di alcune persone a collaborare". I dati rendono l'idea: "Ben 9 persone indagate sono state raggiunte dall'accusa di false dichiarazioni rese alla procura. Altre 7, invece, sono indagate per favoreggiamento personale. "Si verifica un raporto di solidarietà sottile tra usuraio e vittima - analizza Lembo - c'è una resistenza fortissima a collaborare con forze dell'ordine e Stato e questo aspetto ci preoccupa. Quanto più forte è la resistenza, più debole è l'azione dello Stato. Anni fa, ai tempi dei sequestri di persona, fu introdotta una legge che stabiliva l'obbligo della denuncia. Sarà stato un miracolo, ma da quel momento i sequestri sono cessati come d'incanto. E' ora che i cittadini di sveglino". 

Gli altri gruppi

L’altro gruppo, facente capo a Domenico Caputano, composto da altre cinque persone, era specializzato nel commettere i reati di usura aggravata e di estorsione, spesso messi in atto con il metodo mafioso. Un terzo gruppo, sempre guidato da Caputano, con la partecipazione di altre undici persone, gestiva la vasta piazza di spaccio sul territorio metelliano. Tra i numerosi indagati, che non sono finiti né in carcere né ai domiciliari, vi sono persone accusate di false dichiarazioni al pubblico ministero e di favoreggiamento personale, che dimostrano la forza intimidatrice esercitata dai componenti delle tre associazioni. Non solo.

I legami

Dalla Procura Distrettuale Antimafia ed Antiterrorismo di Salerno segnalano la presenza all’interno delle rispettiva bande criminali di “soggetti risultati in allarmanti relazioni con appartenenti alle forze di polizia e con esponenti delle istituzioni locali, a dimostrazione della capacità di esercitare un controllo davvero molto penetrante sul territorio di Cava de' Tirreni”. "Pure un Comune un tempo considerato immune risulta adesso contaminato anche a livello di infiltrazioni malavitose. Sono coinvolti anche pubblici poteri dello Stato. Approfondimenti in corso: prevale in queste ore il segreto istruttorio", commenta il Procuratore Lembo.

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