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Cronaca

Il rito della Madonna nera a Santomenna

Nota- Questo comunicato è stato pubblicato integralmente come contributo esterno. Questo contenuto non è pertanto un articolo prodotto dalla redazione di SalernoToday

C'è una solenne celebrazione che avviene il due Luglio a Santomenna: la festa della Madonna delle Grazie. È uno degli appuntamenti maggiormente sentiti nella comunità sammennese, tanto da non reggere il confronto con il patrono San Menna sia per la solennità della cerimonia che dalla devozione dei cittadini che sposa storia e tradizione incantando chiunque abbia avuto modo di approcciarsi alla festa. Una processione che si perde nel tempo. È custodita nella chiesa madre la statua della Madonna nera con in braccio il gesù Bambino, una struttura risalente al 1200. Tutto ha inizio l'ultima domenica di Giugno quando le campane suonando a festa annunciano che la statua è stata spostata dalla cripta fino ai piedi dell'altare maggiore. La mattina del due Luglio avviene "la vestizione", una veste di raso e seta ricoperta di gioielli, ex voto che i fedeli donano alla madonna, ricopre la statua in tutto il suo splendore, sono sempre le stesse donne a compiere questo rito, cucire l'oro e vestire la santa. La Madonna viene accompagnata da canti e litanie tradizionali, mentre i portatori della statua si accingono a portare la Santa fuori la chiesa, in quell'istante sembra tutto fermarsi la folla resta in silenzio, quasi nel voler rispettare l'attesa dei fuochi pirotecnici che scansioneranno, durante la processione, le tappe della madonna. Scesi le scale della chiesa una folla composta cerca sempre di toccare e baciare la santa con i portatori della statua che si fermano ogni qualvolta che un fedele si avvicina. Ogni fedele ha una propria storia, c'è chi esulta, c'è chi nel silenzio cerca un reale conforto. Sono i bambini che iniziano la processione seguiti dalle "cente" strutture di candele, alcune provenienti anche da Laviano, e le autorità che precedono la statua della Madonna. Lungo il percorso della processione ci sono degli altarini adornati con tovaglie e pizzi antichi, su cui viene adagiata la statua per la preghiera di rito, le donne che portano li "mzziett" contenitori che un tempo i contadini offrivano alla chiesa riempiendoli di cereali.


L'origine del culto non è chiara, da alcuni manoscritti custoditi nelle diocesi si può capire che un tempo il culto era diffuso tanto da spingere molti pellegrini a venire dalla lontana Puglia fino venerare la madonna dalla corona di stelle. Un vecchio canto popolare di devozione Mariana, che fa ripetuti riferimenti alle tante stelle, che Maria ha messo come corona è ancora oggi patrimonio di pochi fedeli anziani. Fino agli anni 50 era di usanza, fra i contadini, quando il periodo era caratterizzato dalla siccità e mettevano in pericolo i raccolti, portare la madonna fuori dalla cinta urbana e da quanto risulta, molti anziani ancora oggi possono testimoniare che le condizioni del tempo tornavano immediatamente alla normalità i contadini portavano la statua fino alla croce di Petrella (una croce di ferro situata su una collina che delinea il confine fra la regione Campania e la Basilicata, punto di incontro fra le tre provincie Salerno,Avellino, Potenza) era una sorta di grazia che i contadini chiedevano con la preghiera e la penitenza perché avvenisse il miracolo della pioggia tanto cercata dai campi ormai arsi dal sole.


Il tesoro della Madonna la veste che la ricopre, si è arricchito nel corso degli anni di una grande quantità di ex-voto. Sono conservati durante l'anno, il giorno del due luglio va a decorare la statua. C'è una storia che ha segnato quest'usanza che non tutti amano raccontare, e in tanti non ricordano più quando intorno alla seconda guerra mondiale ci fu la trafugazione della veste. Il consistente e antico "tesoro della Madonna" fu rubato dalla cassetta di sicurezza della chiesa, dove era conservato. Scomparvero così preziosi gioielli, molti dei quali antichi, c'è una leggenda che aleggia in paese. Qualcuno dice che l'oro fu trafugato per ordine del vescovo di Campagna Giuseppe Palatucci che in difficoltà ad accogliere gli ebrei nascosti nelle segrete del convento di Campagna, chiese aiuto alla chiesa di Santomenna. La storia non è mai stata confermata e i colpevoli non sono mai stati individuati.


Santomenna che un tempo era un riferimento per la chiesa romana tanto da essere chiamata ancora oggi "La città dei vescovi", secondo una leggenda locale fu fondata dal martire San Menna (vissuto nel 300 d.c.) quando si ritirò in solitudine e preghiera. In seguito vi si stabilirono altri monaci edificando un monastero. Gli storici ipotizzano che Santomenna fu fondata dai Bizantini che si fermarono in queste terre.

Santomenna un paesino a confine con l'Irpinia e la Lucania se ne ha traccia su alcuni manoscritti già dall'800 D.C. quando i vescovi della vicina Compsa (Conza della Campania) vi si stabilirono fondando il convento dei benedettini che poi nel 1582 diventò dei Cappuccini. La chiesa SS. Maria delle grazie, la casa della madonna nera è situata con l'abside rivolto a oriente, verso est, in direzione sacra verso Gerusalemme e ha mantenuto la sua struttura per circa otto millenni nonostante i numerosi terremoti che nei secoli si sono verificati. I vescovi di Conza Marco Antonio Pescara, mons. Ercole Rangone hanno modificato e ampliato la chiesa ma mantenendo sempre la struttura iniziale per arrivare fino ai giorni nostri, nel 1917 la cupola fu ricoperta di piombo, nel 1929 la pavimentazione venne rivestita con marmi di Carrara, nel 1978 il pittore Rocco Pennino eseguì dei lavori di restauro e l'interno venne decorato con oro zecchino, donato dai fedeli.

RIPRODUZIONE RISERVATA Laura Piserchia

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