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Martedì, 23 Aprile 2024
Cronaca Nocera Inferiore

Nocera Inferiore, guerra tra bande: "Elementi pericolosi e violenti ma non sono camorristi"

Le motivazioni dei giudici del Tribunale del Riesame sugli indagati per l'inchiesta dell'Antimafia, "Un'altra storia". Michele Cuomo viene considerato "il capo indiscusso": il suo gruppo si muoveva come un clan "in fase embrionale"

«Michele Cuomo era il capo indiscusso: ma seppur la volontà del suo gruppo fosse quella di affermare il potere criminale sul territorio, con metodi certamente mafiosi, non vi è la prova che la effettiva capacità di intimidazione della comunità sulla quale si esercita la sua azione abbia determinato quel grado di assoggettamento e quella omertà che connotano inderogabilmente l’associazione di tipo camorristico». Eccole le motivazioni dei giudici del Riesame che, meno di un mese fa, si sono pronunciati sulla guerriglia urbana tra bande a Nocera Inferiore, confermando il carcere per sole 7 persone su 21 indagati totali, ristretti invece agli arresti domiciliari. Il collegio del presidente Gaetano Sgroia ripercorre i fatti criminali dei mesi di settembre e ottobre, inquadrandoli sotto una nuova luce, che non è più quella di natura camorristica. Le persone che rispondevano all’ex affiliato del clan Contaldo, per quanto facessero uso di una «violenza smodata e plateale», tentavano in modo del tutto «embrionale» di assurgere al rango di un vero e proprio clan. Certo, vi era l’obiettivo di diffondere un «timore reverenziale», come nel caso del pestaggio nei confronti di un promotore finanziario da parte di Cuomo, per dei ritardi su un prestito. Ma - precisano i giudici - «sembra paradossale che un capo clan paghi un consulente finanziario per ottenere un mutuo per poi lamentarsi del ritardo con cui quest’ultimo espleta la pratica». Sull’ipotesi invece - come sostenuto dalla Dda di Salerno - che esistesse la paura in cittadini e testimoni nel rivolgersi alle forze dell’ordine, il Riesame controbatte che la realtà sociale del territorio faceva intendere altro.

Una realtà dove, di solito, «le persone perbene» tendono ad allontanarsi da certi contesti pericolosi. E anche stavolta, vengono analizzati due episodi: il pestaggio ad opera di Michele Cuomo, Domenico Rese e Antonio De Napoli in pieno centro e poi all’interno di un bar di un perito assicurativo, insieme alla richiesta dello stesso Cuomo di poter gestire i parcheggi al Consorzio di Bonifica. Nel primo caso, vi è la risposta sia della vittima, che denuncia l’accaduto, che dei titolari del bar che intervengono per cacciare gli aggressori. Nel secondo invece, seppur il titolare di un’associazione si rendesse disponibile a concedere la gestione del servizio al 36enne (vista la sua «caratura criminale» che giustificava uno status di «quieto vivere»), si rifiutava poi di assumere alcuni dei suoi ragazzi. Lo stesso viene riferito sulla droga: non c’era un gruppo che mirava alla gestione delle piazze e a trarne profitto, ma solo un consumo unito ad episodi di spaccio occasionali, che si sarebbero registrati anche dopo l’arresto di alcuni punti di riferimento (come Francesco D’Elia). «Sarebbe davvero poco credibile - dicono i giudici nel parlare di Cuomo - che un capo clan si rivolga a dei venditori al di fuori della sua associazione, pagando le dosi acquistate». Un passaggio il Riesame lo dedica anche agli altri indagati in carcere, come Marco Iannone e Mario Tortora (autori con altri dell’agguato di fuoco all’esterno della palestra: un episodio letto solo come il tentativo di vendetta da parte di Cuomo verso Francesco Manzo e non come una guerra tra bande). I due «sono attratti nella zona gravitazionale del gruppo di Michele Cuomo». A restare in piedi, dunque, un’associazione semplice, ma non mafiosa.

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