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Venerdì, 19 Aprile 2024
Cronaca Pagani

Bimba morta poco dopo il parto: deciso il processo per 4 medici

La vicenda della piccola Carmen sarà oggetto di un processo pubblico, dopo l'imputazione coatta disposta dal gip. La procura ora formulerà le accuse con contestuale decreto di rinvio a giudizio. La mamma, dopo aver perso la bimba, denunciò l'ospedale

Sul decesso della piccola Carmen sarà celebrato un processo. Così ha deciso il gip Paolo Valiante, disponendo l'imputazione coatta per quattro medici dell'ospedale Umberto I, di Nocera Inferiore. Dopo una prima richiesta di archiviazione e contestuale proroga di indagini decise già in precedenza, ora la decisione di formulare le accuse verso i quattro indagati. I fatti sono datati 3 maggio 2014, quando all’ospedale di Nocera giunse una giovane mamma di Pagani, Carmela Rosa. Era già oltre i 9 mesi di gravidanza, pronta a partorire. Con una prima visita effettuata da un ginecologo, in ospedale, la donna fu rassicurata sulle sue condizioni. Sentiva infatti dei dolori fastidiosi. Un ulteriore consulto le fu dato dal medico di base, al cellulare. Ma quei dolori aumentano rapidamente d'intensità, costringendola a tornare in reparto per ricoversarsi. Poco prima, le era stato consigliato di tornare a casa. I primi tracciati registrarono un battito debole nel feto, ma il taglio cesareo che pure fu effettuato d’urgenza non salvò la piccola Carmen, che morì pochi secondi dopo essere venuta al mondo. La denuncia dei familiari aprì di fatto l'indagine, nei riguardi di quattro medici accusati formalmente di omicidio colposo. 

Secondo l’autopsia del medico legale Giovanni Zotti, il feto morì per un «infarto acuto della placenta». Un evento giudicato «prevedibile ma non prevenibile». La difesa, rappresentata dagli avvocati Francesco Bonaduce e Monica Abagnara, si oppone e contestò la diagnosi "sbagliata", poichè risultato di una cartella clinica "incompleta". In quest’ultima infatti, sarebbero risultati mancanti 2 dei 4 tracciati cardiotocografici effettuati durante il ricovero. Le nuove indagini disposte dal gip, che respinse l’archiviazione della procura, si rifecero ad una verifica sui dati mancanti e sulla conferma o meno di quanto accertato dal medico legale in prima battuta. Il risultato non mutò quello che era il ragionamento della procura. «Pur essendo vero - si leggeva nella prima richiesta d'archiviazione - che due dei quattro tracciati non risultano in cartella clinica, bisogna osservare che il primo era regolare, il secondo non registrava battiti cardiaci fetali e gli altri due non rilevavano battiti cardiaci fetali». In sostanza, "indipendentemente dal numero di tracciati", la diagnosi di "infarto acuto del parenchima placentare" risultò compatibile. Il feto sarebbe morto per mancanza di sangue, interrotto proprio da quell’infarto, con la precisazione che non esisteva nesso di casualità tra la morte della piccola e l'operato dei medici. Per il gip invece, andrà celebrato un processo

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