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Cronaca

Nuovo arresto per monsignor Scarano: sequestrati beni per 6 milioni di euro

Gli investigatori avrebbero accertato finte donazioni per milioni di euro: le accuse ipotizzate nei confronti di monsignor Nunzio Scarano risultano concorso in riciclaggio e falso

Nuovo arresto per monsignor Nunzio Scarano, l'ex contabile dell'Amministrazione patrimonio Sede Apostolica: la Guardia di Finanza gli ha notificato un'ordinanza di custodia cautelare ai domiciliari che riguarda anche un altro sacerdote, don Luigi Noli, ed un professionista, il notaio Bruno Frauenfelder.

Gli investigatori avrebbero accertato finte donazioni per milioni di euro: le accuse ipotizzate nei confronti di monsignor Nunzio Scarano risultano concorso in riciclaggio e falso. Nei guai è finito anche don Noli, mentre per Frauenfelder è stata adottata la misura del divieto dell'esercizio dell'attività professionale. La Finanza ha, inoltre, sequestrato beni immobili e conti correnti per circa sei milioni di euro, tra cui un prestigioso appartamento in via Romualdo II, residenza di Scarano, un appartamento in via Tanagro ed un box sito in via Portarotese, nonchè due conti corrente Unicredit: uno intestato al monsignore e l'altro alla Nuen srl, da lui stesso gestita. Ancora, non è mancato un altro sequestro presso lo Ior dei saldi giacenti sui rapporti bancari intestati a Nunzio Scarano, per un importo di 2 milioni e 232 mila euro.

Le indagini - Le complesse ed articolate indagini scaturiscono dagli accertamenti conseguenti al furto subito, tra il 26 ed il 29 gennaio del 2013, da Mons. Nunzio Scarano, all’interno dell’immobile di sua proprietà, a Salerno. In sede di denuncia, il prelato rappresentava che ignoti avevano asportato dal suo appartamento beni di pregio per un valore dallo stesso stimato in diversi milioni di euro. In tale contesto, i successivi accertamenti esperiti hanno subito evidenziato la significativa sproporzione della capacità reddituale del Monsignore, con riguardo alle rilevanti disponibilità economiche dallo stesso movimentate ed impiegate, nel corso degli anni, in iniziative immobiliari e societarie sul nostro territorio.

I particolari - Si ipotizzano finte donazioni per i poveri che si trasformavano in contanti da gestire sui conti correnti della banca vaticana.  Si tratta di un giro di oltre 5 milioni di euro che derivavano dai componenti della famiglia di armatori romani D’ Amico, anche mediante il riscorso a società off-shore ubicati in Paradisi Fiscali. Tali somme, all’apparenza destinate a finalità assistenziali e benefiche, sono state invece utilizzate dal Monsignore per investimenti immobiliari e per la costituzione di società immobiliari. Il sacerdote consegnava, a chi voleva sbarazzarsi di denaro, delle buste contenenti contanti prelevati direttamente dallo Ior: tali custodie dovevano essergli restituite con assegni circolari dello stesso importo, con la causale “donazione per i poveri”, e una dichiarazione firmata di elargizione alla Chiesa. Chi usava questo trucchetto, venuto alla luce grazie alla collaborazione con i baschi verdi dello Ior, erano soprattutto imprenditori, medici, ingegneri ed altri professionisti che, quindi, ritrovavano il frutto di quelle donazioni su conti off shore. Cinquantadue sono gli indagati. Un nuovo manto di vergogna, insomma, sul monsignore che, appresa la notizia del nuovo arresto, ha accusato intanto un malore.

In collaborazione con Francesco Bove

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