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Cronaca Pagani

Pagani, gioco d'azzardo su piattaforme illegali: indagine chiusa con 64 indagati

Concentrata nel comune di Pagani, la Procura Distrettuale Antimafia ha concluso le attività investigative su una grossa gestione di piattaforme per scommesse e poker sprovviste di autorizzazioni, sparse tra l'Agro Nocerino e la Valle dell'Irno

Gioco online e d’azzardo su piattaforme illegali sprovviste di autorizzazione: la Procura Distrettuale Antimafia ha chiuso la maxi indagine ribattezzata «Jamm Jamm», il cui blitz di marzo scorso portò all’arresto di 18 persone. Gli indagati sono 64. A condurre l’inchiesta fu il sostituto procuratore Giancarlo Russo, che ricostruì i contorni di un’organizzazione riconducibile ad una famiglia di Pagani. Le accuse principali vertono sulla gestione di diverse piattaforme e canali online per la raccolta delle scommesse clandestine e del poker su internet, creandone anche di proprie. Le indagini della Guardia di Finanza ricostruirono una serie di contatti e rapporti tenuti anche con soggetti residenti ti in Basilicata e Calabria, oltre che nella provincia di Salerno, dove per sviluppare e imporre le proprie piattaforme di gioco avrebbe beneficiato di rapporti con pregiudicati dell’Agro nocerino e la valle dell’Irno. Persone che - secondo la Dda - avevano una forte esperienza nel settore dei giochi online. Le piattaforme venivano alterate impedendo a qualsiasi giocatore di effettuare vincite apprezzabili.

La rete dei punti gioco in provincia di Salerno si estendeva in buona parte dell’Agro nocerino, oltre che a Mercato San Severino, con esercenti che si prestavano ad ospitare quelle piattaforme di gioco e raccolta scommesse offrendole al pubblico e di fatto, assumendo un ruolo di primo piano nell’organizzazione. Soldi e profitti di quel giro venivano utilizzati anche per investimenti, come nel caso del bar "Jamm Jamm" di San Valentino Torio, una struttura all’interno del quale secondo l’Antimafia fu accertata la riconducibilità di alcuni di quegli illeciti profitti. Ventitré furono le attività commerciali sequestrate all’epoca. Tra le quali anche uno studio dentistico abusivo, dove uno degli indagati esercitava la professione. Le proiezioni internazionali dell’organizzazione spaziavano dal Canada al Regno Unito, Malta e Montenegro. In fase di Riesame furono molte le accuse a cadere, come quella di camorra. Nell’accogliere le misure cautelari invece, il gip parlò di una struttura «radicata» e dalle modalità «maniacali», con ruoli attribuiti a chi aveva mansioni di formazione, manutenzione e diffusione delle piattaforme illegali.  Nell’indagine finirono anche due carabinieri, indagati perché accusati di aver spifferato notizie su indagini su alcuni degli indagati.

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