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Cronaca Pagani

Pagani, duplice omicidio "Aziz-Cascetta": per i giudici "il racconto del pentito non è credibile"

Le motivazioni dei giudici della Corte d'Appello smontano punto per punto quanto ricostruito dal collaboratore di giustizia, Domenico Califano, dopo l'annullamento della Cassazione. Dubbi sul percorso e riconoscimento dei tre killer, ad oggi sconosciuti

Duplice omicidio Aziz-Cascetta, le motivazioni dei giudici che hanno assolto Andrea De Vivo, Vincenzo Confessore e Francesco Fezza sono chiare: "Troppe incongruità nella ricostruzione del collaboratore di giustizia, Domenico Califano". giudicato  poco attendibile. La sentenza della Corte d'Appello - dietro rinvio deciso dalla Cassazione - smonta la ricostruzione del pentito che era costata, nei primi due gradi, due sentenze di ergastolo per i tre imputati paganesi. Troppe «perplessità sulla linearità logica e sulle ragioni dei comportamenti di Domenico Califano». La Cassazione aveva chiesto di chiarire alcuni punti oggetto della ricostruzione di Califano, ex autista di Vincenzo Confessore e per un periodo interno alle attività dei "guaglioni" del clan Fezza - D'Auria Petrosino. Tra questi, quello relativo al percorso che avrebbe effettuato la moto, un SH nero, sulla quale viaggiavano i tre killer con tute nere e casco integrale; il riconoscimento che Califano avrebbe fatto di Confessore poco dopo l'agguato mortale, il luogo della fuga (circoscritto al portone della famiglia Fezza in via Amendola) e il colloquio tra Califano e Confessore, dove il primo si sarebbe rifiutato di accompagnare il secondo a Cava de' Tirreni per "scappare"

Secondo i giudici, con il rinnovo dell'istruttoria caratterizzato anche dall'esperimento giudiziale effettuato lungo tutte le strade, a Pagani, indicate dal pentito, non sarebbe stata riscontrata grossa attendibilità in quello riferito da Califano: in primis, il riconoscimento di Confessore sarebbe stato fatto  guardandogli la mano, seppur in precedenza Califano avesse riferito invece che era stato grazie alla voce. Inoltre, il fatto di averlo riconosciuto, in aggiunta, anche dalla "stazza" per i giudici appare circostanza poco solida e generica. Nella sentenza si definisce invece illogico che Califano si sia rifiutato di portare una persona quale Confessore in un luogo sicuro, vista la "capacità vendicativa di quest'ultimo e del potere nei suoi confronti". Risulta invece "casuale" la richiesta di appoggio in ragione di un omicidio effettuato con quelle modalità, senza che vi fosse un piano di fuga, con Califano che invece confermò l'incontro "casuale" con i tre. Il collaboratore, tra l'altro, disse che quando incontrò i tre presunti killer non sapeva del delitto. Eppure, in precedenza aveva motivato il suo rifiuto di aiuto verso Confessore come la volontà di non essere coinvolto nell'omicidio. Veniamo al percorso della moto: dopo che il tunisino Aziz fu trucidato con 24 colpi di pistola (l'amico Sandro Cascetta morì sfiorato da un proiettile che gli perforò il polmone), i tre erano fuggiti nel momento in cui era attiva la Ztl. Dunque, c'erano i pilomat rialzati, che tuttavia permettevano il passaggio di una moto, ma non dell'auto di Califano, una Smart. Il collaboratore, a riguardo, disse di aver seguito i tre sulla motocicletta per un breve tratto. Lungo la stessa strada. Resta invece improbabile, oltre che lungo e rischioso, il percorso scelto dai killer, così come il luogo di ritrovo (il cortile Fezza era attenzionato dalle forze dell'ordine), individuato dalla ricostruzione del pentito. Elementi che dunque collocano la responsabilità di Andrea De Vivo, Vincenzo Confessore e Francesco Fezza «ben al di sotto della soglia di ogni ragionevole dubbio», con l'assoluzione per tutti e tre. La procura generale ha intanto fatto un nuovo ricorso in Cassazione. Ad oggi, quell'omicidio - datato agosto 2008 - è ancora senza colpevoli

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