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Cronaca Pagani

Clan e droga a Pagani, la lettera dell'ex pentito: "Costretto a collaborare da mio nipote"

La difesa fa acquisire al collegio dei giudici la lettera che Gerardo Baselice scrisse nel 2009, spiegando la sua contrarietà a collaborare con la giustizia, perchè "costretto" dal nipote e pentito, Domenico Califano

Non mancano i colpi di scena nel processo "Taurania Revenge", il cui dibattimento si avvia oramai alla sua fase conclusiva. Questa mattina è in programma la requisitoria del pubblico ministero della Dda, Vincenzo Montemurro, alla quale seguiranno le discussioni del collegio difensivo. Tuttavia, ieri mattina la difesa ha fatto acquisire una lettera che l'ex pentito Gerardo Baselice indirizzò ai giudici Cardea e Gambardella nel 2009, con la quale lo stesso motivava la sua volontà di collaborare con la giustizia. Una decisione che - stando al contenuto di quelle tre pagine acquisite dal tribunale - sarebbe stata maturata in "un momento di particolare debolezza psicologica". "Dal giorno del 24 marzo - così comincia la lettera il 60enne - è cominciato un vero e proprio inferno e per alcuni giorni ho perso completamente la bussola. Solo ora che ho riacquisito un minimo di tranquillità, sono in grado di raccontare quello che mi è successo. Tengo a precisare che è stato mio nipote Domenico Califano a spingermi a rendere queste dichiarazioni, prospettandomi guai giudiziari serissimi. Ha tentato - si legge - in tutti i modi di coinvolgermi nelle sue vicende delittuose, ma la verità è che sono stato vittima di una situazione di soggiogamento e coartazione psicologica". Baselice spiegò che il nipote fosse debitore nei suoi confronti e che l'unico modo per recuperare quei soldi era "rendere tali dichiarazioni all'autorità giudiziaria". In caso contrario, Baselice sarebbe stato comunque accusato di essere "compartecipe in una serie di attività delittuose messe in essere nel passato dallo stesso nipote". "La verità è che mi sono trovato in questa situazione balorda perchè in tutta la mia vita ho solamente subito dalla criminalità organizzata e dal clima infame che si respira nella città di Pagani e nell'Agro Nocerino sarnese". Poi l'accusa: "I contatti con le persone dedite al crimine li ha sempre avuti mio nipote e solo lui ha lucrato con traffici che a me venivano solo raccontati e ai quali non ho mai partecipato. Riflettendoci, le conseguenze delle dichiarazioni da me rese possono essere terribili per lui e per la sua famiglia. Tutto quello che ho raccontato è il frutto della trasposizione che Califano mi faceva". Baselice e Califano sono i due testimoni (il secondo nelle vesti di collaboratore di giustizia) che hanno eretto il sistema accusatorio per la Dda.

La conclusione del 60enne è quella di distinguere ciò che ha visto con quello che invece gli sarebbe stato raccontato dal nipote: "Sono sempre disposto a dire la verità, ma non posso continuare a ripetere le cose che ho saputo da mio nipote Domenico Califano e che potrebbero essere cariche di enormi responsabilità penali per il sottoscritto. Vi prego di cercare di capire il tormento di un uomo distrutto che vuole solo recuperare la sua vita con un minimo di dignità e di non essere schiacciato da fatti più grandi di lui". L'esame di Baselice è terminato tuttavia ieri mattina, con il riconoscimento fotografico al quale è stato sottoposto di 59 persone, tra le quali molte coinvolte nell'attuale indagine dell'Antimafia. Le accuse, ricordiamo, inquadrano la figura di Antonio Petrosino D'Auria a capo di un sistema finalizzato alla gestione delle piazze di spaccio a Pagani e dintorni. Con lui, sono imputate altre 20 persone. Baselice, nella sua lunga testimonianza, ha confermato quanto già reso in sede di verbale, passando dall'uso che il "clan" avrebbe fatto del suo garage, custodendoci dentro droga e armi, fino alla decisione di allontanarsi da quegli ambienti. Una scelta maturata - a suo dire - dopo l'omicidio del tunisino Aziz, l'assenza di guadagno per "il favore del garage" e la paura di finire coinvolto in quella serie di attività oggi al centro del dibattimento.

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