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Cronaca Scafati

Una nuova perizia per la morte di Maria Rosaria Ferraioli

La richiesta è stata avanzata dagli avvocati difensori degli imputati. La giovane morì dopo aver partorito due gemelli, nell'aprile 2011. Nell'udienza precedente, la testimonianza dei periti della procura sull'operato dei cinque medici

Una nuova perizia chiesta per la morte di Maria Rosaria Ferraioli, la 25enne di Angri deceduta ad aprile 2011. Ad avanzarne richiesta la difesa dei cinque medici imputati davanti al giudice monocratico Raffaella Caccavale, per omicidio colposo. L'udienza è stata aggiornata al 30 maggio, essendosi il tribunale riservato sulla decisione. In precedenza, nelle scorse udienze, il tribunale aveva già disposto una perizia collegiale. La donna morì dopo aver partorito due gemellini, a causa di un ascesso divenuto fale. L'indagine fu coordinata dal sostituto procuratore Elena Guarino. In una delle ultime udienze, il tribunale aveva ascoltato la deposizione dei tre periti della procura, impegnati a ricostruire i passaggi cruciali legati all'assistenza della ragazza, ricoverata al pronto soccorso di Scafati per un ascesso alla gamba. Stando alle loro testimonianze di carattere ginecologico, chirurgico e anestesiologico, la giovane avrebbe dovuto essere portata in un ospedale attrezzato di reparto per la terapia intensiva neonatale. Le indagini partirono con la ricostruzione dell’iter medico clinico della donna, con i primi controlli di routine effettuati dal ginecologo di fiducia, fino alle ultime ore di agonia, col prematuro decesso di Maria Rosaria e dei suoi gemelli. Tra i ruoli dei cinque medici, fu approfondito per primo quello del ginecologo privato, che, secondo l’accusa, “a fronte di una paziente che accusava un ascesso alla radice della coscia destra, non effettuava tempestivamente corretta e tempestiva terapia antibotica per via intramuscolo, sottovalutando il rischio di infezione”, prescrivendo una pomata e impacchi di camomilla. 

Tesi confermata anche dai periti in aula, che ripercorsero le fasi successive. Dopo due giorni di terapia, il dolore non accennava a diminuire, e la donna rappresentò il persistere della tumefazione, prima di recarsi in ospedale su consiglio dello stesso medico, che avrebbe omesso di indicare la necessità di una struttura con terapia intensiva neonatale. Maria Rosaria Ferraioli fu ricoverata all’ospedale di Scafati, dove il chirurgo le praticò una incisione chirurgica con successivo drenaggio. L’intervento venne effettuato dopo un informale consulto telefonico col ginecologo di turno, senza però i controlli ginecologici alla paziente, col successivo trasferimento in una struttura ospedaliera per il trattamento dei nascituri prematuri. Il ginecologo, tra gli imputati, nonostante il pronto soccorso avesse chiesto una consulenza, non avrebbe ritenuto necessario effettuare ecografie o altri esami per monitorare lo stato di salute dei feti. La situazione precipitò tra il 24 e il 25 aprile, quando Maria Rosaria iniziò a sentirsi male. All’alba del 24 la donna era con sua madre, quando venne disposto un intervento d’urgenza per uno shock settico, in presenza di due anestesisti, un chirurgo e un ginecologo. In quel frangente l’accusa ipotizza che i quattro, piuttosto che effettuare un rituale taglio cesareo per favorire la nascita dei gemelli, persero tempo prezioso. E quando lo effettuarono, era già tardi. Dopo la morte, secondo i pm, fu falsificata anche la cartella clinica. 

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