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Cronaca Scafati

Scafati, false presenze sul posto di lavoro: 4 comunali a processo

Il periodo temporale di riferimento di una maxi indagine, chiamata «Mal comune», condotta dalla Guardia di Finanza va da aprile a maggio 2016

Ore e minuti accumulati ma lontano dal posto di lavoro: con l’accusa di truffa aggravata ai danni dello Stato finiscono a processo quattro dipendenti del comune di Scafati. Il rinvio a giudizio disposto dal gup riguarda G.B. , V.P. , S.G. e G.G. Il periodo temporale di riferimento di una maxi indagine, chiamata «Mal comune», condotta dalla Guardia di Finanza va da aprile a maggio 2016.

"Mal comune"

Attraverso una serie di raggiri, i dipendenti in questione si sarebbero allontanati arbitrariamente dal luogo di lavoro, riuscendo comunque a marcare il proprio cartellino elettronico (badge), segnalando ai funzionari addetti del Comune la loro presenza. In questo modo, sarebbero riusciti a raggiungere le ore utili per la retribuzione per stipendio e accessori, procurando un danno all’Ente, che non avrebbe usufruito invece dei loro servizi effettivi. Alcuni degli imputati rispondono anche dell’accusa di truffa in concorso, perché si sarebbero scambiati rispettivi favori per timbrare ognuno il cartellino elettronico dell’altro. Per G.B. , le assenze dal posto di lavoro venivano di fatto consumate giorno per giorno: la procura ricostruisce che il 19, 20, 21 e 26 aprile, il dipendente avrebbe accumulato più di 10 ore lontano dal suo ufficio. Lo stesso valeva per le accuse "in concorso": con il badge dell’altro, il dipendente in questione vidimava il cartellino del collega attestando l’orario di fine servizio alle 14.55. In realtà, il comunale era andato via un’ora prima, alle 13.26. L’inganno sarebbe stato perpetrato per almeno sei giorni, tra aprile e maggio. L’informativa delle fiamme gialle, che si servì dell’aiuto di telecamere di videosorveglianza ma anche di servizi di pedinamento, comprendeva passaggi, firme, orari di entrata ed uscita di almeno 10 dipendenti. Qualcuno ne è uscito assolto, ma il resto è finito sotto processo. Il cumulo delle ore lavorative attestate falsamente fu di circa un centinaio e tutte retribuite per prestazioni mai svolte, secondo l’accusa. 

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