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Venerdì, 19 Aprile 2024
Cronaca Scafati

"Ladri bulgari a Scafati", il raid di fuoco ordinato dal clan per proteggere le famiglie

Una sparatoria contro un appartamento dove vivevano i bulgari, colpevoli di furti in appartamenti e in casa della famiglia del boss Matrone. Sul posto trovato anche un messaggio intimidatorio: "Andate via, donne e bambini non si toccano"

I bulgari dovevano andare via da Scafati. Troppi furti, tanto da spingere il figlio del boss Matrone, indagato nell'inchiesta sull'omicidio Faucitano, ad ordinare un'azione di fuoco mirata e precisa. L'episodio è raccontto nelle carte della Procura Antimafia, sostituto procuratore Giancarlo Russo, datato dicembre 2014. Antonio "Michele" Matrone non è indagato per l'omicidio, ma il clan di appartenza - secondo gli inquirenti - avrebbe dato il via libera all'eliminazione di Faucitano, colpevole di non aver pagato un debito di droga di 700 euro, destinato agli Aquino-Annunziata, sodali e alleati del gruppo che faceva riferimento a "Franchino a' belva"

Fuoco sul palazzo

Qualche mese prima di quell'omicidio, Carmine Alfano - sospettato di essere uno dei due killer e da venerdì in carcere a Cosenza - avrebbe avuto l'ordine di acquistare armi per una spedizione punitiva contro i bulgari. Gli stranieri andavano puniti perchè ritenuti colpevoli di alcuni furti in appartamenti nella zona di via Poggiomarino e Lo Porto, l'area territoriale di riferimento della famiglia Matrone e sede dell'impresa di trasporti omonima. A spingere per quell'azione di fuoco anche il furto consumato in casa della madre adottiva di quest'ultimo, mai denunciato alle forze dell'ordine. La spedizione avrebbe spinto Alfano a crivellare di proiettili gli infissi di un immobile dove abitavano i bulgari, per costringerli ad abbandonare San Pietro. A conferma di ciò, un cartello che gli inquirenti troveranno dopo un sopralluogo, sul quale si leggeva :"Via da Scafati, vi stermino tutti, donne e bambini non si toccano". La "stesa" serviva a vendicare il furto subito dalla famiglia Matrone, oltre a riconoscere al clan il proprio dominio territoriale, evocando in quel caso la presenza di un gruppo in grado di garantire la sicurezza alternativa a quella dello Stato. Le armi utilizzate per il raid non furono mai trovate

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