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Venerdì, 19 Aprile 2024
Cronaca Scafati / Via San Pietro

Scafati, seviziarono e uccisero un loro connazionale: rischiano il rito immediato

I due marocchini, arrestati a Torino dopo una fuga da Scafati per aver ucciso un loro connazionale, sono stati destinatari di una richiesta di immediato da parte della Procura di Nocera Inferiore. Un terzo uomo, invece, è ancora in fuga

Seviziarono e uccisero un loro connazionale: la Procura di Nocera Inferiore chiede il giudizio immediato per Hamza e Imad Essabri, i due marocchini di 24 e 29 anni che uccisero il 23 febbraio 2016 Mohammed Azzam, pestato a sangue nel suo appartamento in via San Pietro. E dove morì due giorni dopo. Una terza persona, ritenuta complice dei primi due, sarà giudicata separatamente. Ma è ancora ricercata. I due africani furono arrestati a Torino, con un’operazione congiunta dei carabinieri di Nocera e l’Anticrimine piemontese. Erano in un centro di accoglienza per stranieri, dopo essere fuggiti da Scafati in treno. A permettere agli inquirenti di rintracciarli, la sim intestata alla vittima e inserita in un cellulare di uno dei due, con la quale fu ripercorso il traffico telefonico che portava alla pista del Nord Italia. E ancora, la ferita che uno dei due riportò a seguito della colluttazione con la vittima. Uno dei due killer decise di farsela medicare proprio a Torino, in un ambulatorio. Il terzo indagato si sarebbe staccato invece dai primi due, a seguito di alcuni dissidi mai del tutto chiariti. Così come il movente, forse legato a uno sgarro commesso in campo sentimentale. 

Nella casa della vittima vivevano anche i due fratelli, giunti in Italia dal Kosovo, insieme a Muhamed Tarfa, la terza persona scomparsa dai radar dagli investigatori e ad oggi ancora ricercato. Risultò di grande importanza la collaborazione degli inquirenti torinesi, che fornirono elementi utili all’indagine e all’identificazione dei due fratelli, sconosciuti in territorio italiano perché mai censiti. La destinazione dei due giovani era il Nord Europa. Da alcuni giorni dormivano in quella casa, dove la sera di febbraio, probabilmente in preda all’alcool, legarono e picchiarono il loro connazionale. Finendolo poi con un colpo alla testa, con l'uso di una statuetta. Le indagini coordinate dal sostituto procuratore Giuseppe Cacciapuoti portarono alla contestazione per i tre del reato di omicidio volontario, escludendo invece motivazioni legate a terrorismo per le quali era stata informata inizialmente anche la Direzione Distrettuale Antimafia. 

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