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Cronaca

Pericolosità sismica e rischio tsunamI: i dati nella provincia di Salerno

Secondo le mappe della pericolosità sismica dell'Ingv la maggior parte della nostra provincia corre un rischio relativamente basso. Tale rischio aumenta nell'entroterra ed al confine con l'Irpina e la Basilicata

Anche a Salerno l'opinione pubblica continua a farsi domande sulla pericolosità sismica del nostro territorio. A causa degli eventi degli ultimi giorni nel centro italia e del ricordo ancora vivo del terribile terremoto del 1980, sta tornando, infatti, anche nella nostra provincia, la paura del terremoto. Secondo le mappe dell'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, la maggior parte della nostra provincia ha, fortunatamente, un rischio sismico relativamente basso. Secondo quanto riferito dall'Ingv: "La pericolosità sismica, intesa in senso probabilistico, è lo scuotimento del suolo atteso in un dato sito con una certa probabilità di eccedenza in un dato intervallo di tempo, ovvero la probabilità che un certo valore di scuotimento si verifichi in un dato intervallo di tempo". La pericolosità sismica nella mappa della nostra regione è espressa in termini di accelerazione massima del suolo con probabilità di eccedenza del 10% in 50 anni riferita ai suoli rigidi.

Come si può facilmente osservare, il rischio, soprattutto nella fascia costiera della nostra provincia, è relativamente basso. La situazione, purtroppo, cambia nell'entroterra, soprattutto ai confini con l'Irpinia, e con la Basilicata. Per la zona costiera, invece, il rischio più discusso è senza dubbio quello di uno tsunami causato dal famigerato Marsili, il vulcano sommerso più grande d'Europa che si trova nel Mediterrano tra Palermo e Napoli. Anche in questo caso, però, viene in nostro soccorso l'Ingv che, in un articolo del 12 ottobre scritto da Silvia Mattoni, ci spiega come le eruzioni più recenti del Marsili risalgano ad un'età compresa tra 7000 e 2000 anni fa. Queste eruzioni sono state a basso indice di esplosività, avvenuti in particolare nel settore centrale dell’edificio tra gli 800 e i 1000 m di profondità. Guido Ventura, ricercatore dell'Ingv, spiega nell'articolo come: "Il rischio vulcanico associato a eruzioni sottomarine di questo tipo è estremamente basso, e un’eruzione a profondità maggiore di 500 metri comporterebbe probabilmente soltanto una deviazione temporanea delle rotte navali. Anche il rischio legato a possibili tsunami correlati a eruzioni come quelle più recenti è minimo. Pur tuttavia, l'evenienza che settori del vulcano possano destabilizzarsi e franare in caso di deformazioni indotte dalla risalita di significative (chilometri cubi) quantità di magma, non può essere esclusa a priori. Comunque, negli ultimi 700mila anni non vi sono evidenze morfologiche che questo sia avvenuto. Inoltre, il vulcano e' stabilizzato meccanicamente da una serie di fratture riempite da magma ormai raffreddato che fungono da muri di contenimento. E' assolutamente prioritario - conclude Ventura - effettuare una stima della stabilità dei versanti basata sui parametri fisici delle rocce coinvolte nel potenziale franamento,  valutare il volume di roccia potenzialmente coinvolto; conoscerne le modalità di movimento lungo il pendio e, una volta noti tutti i parametri, verificare se il volume di roccia e la dinamica della possibile frana sottomarina sono compatibili con l’innesco di uno tsunami".

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