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Economia

Campania: 353 fallimenti in 3 mesi, il commento dell'Ance Salerno

"I numeri – spiega Antonio Lombardi – si commentano da soli: 353 fallimenti nei primi tre mesi dell’anno e 6488 chiusure dal gennaio 2009 in Campania sono il segno di una crisi dalla quale non si riesce a venire fuori"

Sarebbero 353 i fallimenti di imprese che, nei primi 3 mesi del 2015, si sono registrati in Campania che incidono per il 9,3% su quelli verificatisi in Italia. I dati, estrapolati dal Centro studi Ance Salerno sulla base dei dati della Cribis D&b, sono ancora più pesanti prendendo in considerazione il periodo che parte dal 2009 ad oggi. In questi anni, infatti, sono 6.488 le imprese chiuse nella nostra regione.

A livello nazionale la Campania si colloca, per il numero di fallimenti nei primi 3 mesi del 2015, quarta preceduta da Lombardia, Lazio e Veneto. Anche analizzando il numero di imprese chiuse dal 2009 la nostra regione viene preceduta solo dalle tre regioni sopra citate. "La Campania – commentano dal Centro Studi ANCE Salerno – si caratterizza per un numero molto elevato di fallimenti pur esprimendo un tessuto produttivo meno articolato di regioni come, solo per fare qualche esempio, Piemonte, Emilia Romagna e Toscana".

"I numeri – commenta il presidente di Ance Salerno, Antonio Lombardi – si commentano da soli: 353 fallimenti nei primi tre mesi dell’anno e 6.488 chiusure dal 1° gennaio 2009 in Campania sono il segno evidente di una crisi senza precedenti dalla quale, nonostante la politica degli annunci, non si riesce a venire fuori. A pagare il conto del drastico taglio di investimenti pubblici – ha continuato Lombardi – è stata in primo luogo l’edilizia in senso stretto (451 fallimenti solo nei primi tre mesi dell’anno in corso a livello nazionale), con gravissime ripercussioni sull’intera filiera. Ma neanche di fronte a questo persistente scenario negativo si avvertono segnali concreti di inversione di tendenza. La campagna elettorale in corso per le prossime elezioni regionali dovrebbe e potrebbe offrire spunti importanti per provare ad uscire da una situazione che si protrae ormai da oltre sei anni e che ha generato cali occupazionali che stanno mettendo a rischio la coesione sociale. A tutto ciò va aggiunta l’inconsistenza dei riflessi positivi sul circuito del credito campano dei provvedimenti messi in atto dalla Banca Centrale Europea con il programma di Quantitative Easing. Il credit crunch -  conclude Lombardi - è ancora una triste realtà soprattutto nelle regioni del Mezzogiorno ed è ravvisabile un nesso preciso tra restrizione dell’erogazione e attivazione delle procedure fallimentari".

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