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Europa, interrogazione di Isabella Adinolfi (M5S) sull'olio tunisino

“Tutelare il nostro olio e fermare nuova invasione per il biennio 2018/2019”: questa la richiesta dell'eurodeputata che considerara penalizzate le regioni più povere d'Europa

“Tutelare il nostro olio e fermare nuova invasione per il biennio 2018/2019”: questa la richiesta dell'eurodeputata M5S Isabella Adinolfi. La sua interrogazione sull'olio tunisino nasce da un timore, un grido d'allarme: "Sono state penalizzate le regioni più povere d'Europa".

I fatti

L’Unione Europea nel biennio 2016/17 ha concesso alla Tunisia, a causa della complessa situazione economica, la possibilità di esportare in Europa, a dazio zero, 35 mila tonnellate di olio d’oliva in più rispetto a quanto già previsto. Si sta ora valutando di estendere per altri due anni questa misura. "Questo sarebbe emerso durante l’incontro dello scorso maggio tra Junker ed il primo ministro tunisino. Si tratterebbe di una vera e propria mazzata per i produttori di olio made in Italy - dice Adinolfi -. Il gruppo del Movimento 5 Stelle ha presentato un’articolata interrogazione per chiarire se verrà approvata la richiesta del governo tunisino e per chiedere che sia redatta una precisa valutazione di impatto delle importazioni dalla Tunisia negli anni 2018/2019 sugli equilibri del mercato interno e le quotazioni dell'olio di oliva italiano".

La riflessione

“Il prezzo di un (giusto) aiuto umanitario dell'Unione europea verso la Tunisia è stato fatto pagare alle regioni più povere d'Europa (Sud Italia, Grecia, Portogallo, Spagna che vivono già difficoltà economiche strutturali proprie), rispetto a quelle più ricche – chiarisce l’Eurodeputata Isabella Adinolfi -. L'agricoltura non può essere ogni volta usata come merce di scambio per le politiche di sostegno e di vicinato verso i Paesi terzi. È stato già fatto con il Marocco per le arance, lo stiamo facendo con il sud est asiatico per il riso e il risultato lo hanno pagato i nostri agricoltori. Perseverare anche nel 2018 sarebbe diabolico. Questa terribile, ma "legale", concorrenza fa sì che nelle tavole degli italiani arrivino prodotti coltivati in Paesi lontanissimi, che producono frutta e verdura a prezzi irrisori perché il costo della manodopera altrove oscilla da pochi centesimi a due-tre dollari l'ora. Questa concorrenza sleale è un danno per i produttori italiani, ma anche per i consumatori perché fuori dall'Europa le regole sanitarie sono molto meno stringenti e, dunque, i prodotti sono molto meno sicuri”.

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