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Giffoni Film Festival, Orsini: "Nessuna contestazione, gli studenti mi hanno ascoltato"

Il saggista italiano smentisce alcune ricostruzioni apparse sui giornali e racconta la sua versione sui fatti

“Sono assolutamente false le ricostruzioni che sono state pubblicate sul mio intervento ieri al Festival di Giffoni. È assolutamente falso che gli studenti abbiano abbandonato l’auditorium in segno di protesta. Non è mai accaduto. Al contrario, più passavano i minuti, più gli studenti rimanevano incollati alle sedie”. Lo precisa Alessandro Orsini, saggista italiano, studioso dei fenomeni terroristici, soprattutto noto per le sue opinioni sull’invasione russa dell’Ucraina. 

Il racconto di Orsini:

“È assolutamente falso che pochissimi studenti mi abbiano chiesto un selfie. Moltissimi studenti hanno chiesto di poter scattare una foto con me, ma a tutti loro ho risposto di no perché: “Figlio mio, mi farebbe piacere, ma ti sconsiglio vivamente di fare un selfie con me: sarai aggredito e ti porterà soltanto problemi”. È assolutamente falso che io sia stato "zittito" dagli studenti. A dimostrazione della falsità di questa ricostruzione, segnalo che alcuni quotidiani, al fine di screditarmi, hanno scritto che io avrei zittito gli studenti in modo autoritario; altri quotidiani, invece, sempre per screditarmi, hanno scritto esattamente il contrario, cioè che io sarei stato "zittito" dagli studenti. Agli studenti maggiormente afflitti da pregiudizi e da mancanza di conoscenze storiche ho fatto notare l’incongruità e la fallacia nella procedura logica con cui costruivano le domande. A uno di loro ho detto: “Il suo è un attacco personale con il punto interrogativo alla fine” ricevendo un applauso. A un altro studente ho detto: “Gli studenti russi dicono esattamente le stesse cose che dice Putin; lei dice le stesse cose che dice il governo Draghi. Sotto il profilo del ragionamento critico, che differenza esiste tra la sua capacità critica e quella di uno studente russo?”. Uno studente ha detto che io inquinerei l'informazione. Gli ho detto: "Le do trenta giorni di tempo per trovare una mia sola frase in televisione che possa essere classificata come fake news: trenta giorni sono tanti". Molti studenti mi hanno detto: “Professore, l’incontro con lei è stato il più bello al quale abbia assistito negli ultimi anni al Giffoni”. Altri studenti hanno pubblicato una serie di post su Facebook pieni di stima e di apprezzamento per il mio intervento, ma non posso taggarli, né posso riportare il contenuto dei loro post, per proteggerli dagli animali che imperversano sulla mia pagina pubblica manifestandosi sotto forma di commenti feccia. Mi chiedete se l’Italia sia un Paese libero. Ecco la mia risposta. Il governo Draghi ha tratti autoritari e tutto il sistema dell’informazione ne risente. Nelle dittature, gli studiosi vengono zittiti spaccando le teste; in Italia, il dissenso politico viene represso distruggendo le carriere universitarie degli intellettuali critici e la loro immagine pubblica; privandoli dei fondi di ricerca; chiudendo le loro strutture di ricerca; oscurando i loro siti sulla politica internazionale; stracciando i loro contratti televisivi; inventando che sono collegati al Cremlino. Che si tratti della Russia o dell’Italia, la tecnica fondamentale è creare disincentivi a parlare liberamente. In Italia un intellettuale critico non deve avere paura che il governo gli spacchi la testa; tuttavia, deve avere una serie piuttosto estesa di paure a parlare liberamente. Può andare in televisione, ma sa che deve pagare un prezzo molto alto. Quindi, in Italia, la lbertà di espressione esiste, ma costa moltissimo se è diretta contro il governo Draghi e non tutti possono permettersi o sono disposti a pagare un costo così alto. Questa è la ragione per cui svolgo le mie lezioni soltanto a pagamento nei teatri: vivo in un Paese libero, ma non posso parlare in pubblico; non posso tenere lezioni nelle piazze (cosa che mi piacerebbe molto); non posso parlare nelle scuole, pur ricevendo tanti inviti scritti dagli studenti di tutta Italia poiché numerosi gruppi organizzati verrebbero a contestarmi e a insultarmi, e perché i quotidiani collegati al governo Draghi scriverebbero articoli pieni di falsità come quelli che state leggendo sul mio intervento al Giffoni. Parlo nei teatri non per soldi, visto che ho rifiutato più di 100 mila euro in ospitate televisive. Parlo nei teatri a pagamento perché ho bisogno della sicurezza privata alle mie spalle quando entro ed esco dai teatri, ma anche per scoraggiare la partecipazione degli animali del web fomentati dai quotidiani collegati al governo Draghi. Concluderei così: ai tempi del governo Draghi, l’Italia è diventato un Paese dove il dissenso politico viene crimininalizzato; dove i quotidiani che sostengono il governo Draghi operano in favore di questa criminalizzazione/demonizzazione pubblica degli intellettuali critici attraverso il ricorso massiccio alla falsificazione dell’informazione. Non cado nella trappola del tipo: “Orsini, allora tu stai dicendo che l’Italia è una dittatura!”. Non sto dicendo che l'Italia è una dittatura; sto dicendo che è un Paese in cui gli intellettuali che si oppongono al governo Draghi vengono demonizzati, mostrificati e crimininalizzati.Infine, ci tengo a precisare che più vengo attaccato, più mi sento forte. A conferma di ciò, anticipo che ai primi di settembre tornerò in televisione. C'è un prezzo da pagare? Nessun problema”.

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