rotate-mobile
Giovedì, 18 Aprile 2024
Cronaca Castellabate

‘A Zita cilentana: ecco la tradizione che trasformò il matrimonio in un rito

Non tutti sanno che nel Cilento esisteva una tradizione molto rigida e austera sullo svolgimento del matrimonio: scopriamo insieme cosa resta oggi della ‘a zita cilentana

Nessuna donna poteva sottrarvisi, prima o poi toccava a tutte andare in sposa a qualcuno, e non necessariamente un uomo che si amava: nella maggior parte dei casi, infatti, i matrimoni cilentani venivano precedentemente combinati dalle famiglie dei futuri sposi, per cui l’amore poco importava. I genitori infatti desideravano dar in sposa alla propria figlia un uomo che potesse garantirle una vita comoda e agiata e tutto il benessere possibile nel XIX secolo. Dai matrimoni così combinati le figlie capitavano spesso a uomini che non conoscevano per niente e a volte anche molto più anziani, uomini che erano anche abituati a far rigare dritto la propria moglie, ecco perché ancora oggi nell’entroterra cilentano esiste il detto “E’ scappata ra lo ffuoco ppe ghì inda i cravuni”. Prima delle nozze vere e proprie si usava ‘apprezzare la roba’: in pratica, la futura sposa doveva esporre tutto il corredo che portava in dote sul letto della madre e i cui capi ad uno a uno venivano stimati da una donna, mentre uno scrivano ne redigeva la lista. Questo accadeva perché, se nei dieci anni successivi alle nozze, la sposa fosse morta senza lasciare eredi, il corredo, di cui avevano il resoconto sia i genitori dello sposo che della sposa, sarebbe tornato di diritto a casa di quest’ultima, altrimenti trascorsi i dieci anni sarebbe rimasto a casa del marito. Si trattava di una vera e propria cerimonia nota come ‘a rota, in cui partecipavano molte persone sia dell’una che dell’altra famiglia. La dote veniva poi ‘cunzata’ ovvero riposta, dentro alcuni cesti e portata a casa dello sposo. A occuparsi di ciò erano, in genere, le amiche della sposa che a mo’ di sfilata dalla casa della sposa arrivavano a quella dello sposo dove preparavano anche il letto matrimoniale (foto). All’epoca il corredo rappresentava un grave onere per i genitori e le madri facevano mille sacrifici per poter far sposare le figlie con corredi ricchi e degni della famiglia dello sposo, per questo si diceva che erano pronte a nutrirsi di ‘menestra’ senza olio pur di procurare un lenzuolo.


Nel giorno delle nozze, prima di recarsi in chiesa, la sposa chiedeva la benedizione del padre e il perdono per eventuali dispiaceri che avesse procurato: china davanti al genitore, gli baciava la mano e lo ringraziava per averla messa al mondo, quindi il padre la benediceva e la accompagnava in chiesa. Alla madre non spettava nessun onore, condannata com’era a restare in casa durante tutto il rito matrimoniale senza poter assistere alla cerimonia. Davanti alla chiesa, la sposa e il padre erano subito seguiti dallo sposo: le fedi erano responsabilità del ‘compare d’anello’, che tradizione voleva diventasse anche il padrino del primogenito della coppia. Solo all’altare, in occasione dello scambio delle fedi, i due sposi potevano finalmente vedersi e darsi la mano. Alla fine della cerimonia, ad attenderli c’erano gli invitati con riso, mandorle e soldi: riso e soldi rappresentavano un augurio di abbondanza e ricchezza, mentre le mandorle ricordavano allo sposo la passata adolescenza in cui non avrebbe più partecipato con gli amici al gioco delle noci. Probabilmente la parte delle nozze meno impegnativa e rigida era proprio il pranzo: sulla tavola venivano serviti cavatielli al ragù, carne alla brace, prosciutto, soppressate, formaggi di capra o di pecora e vino in abbondanza. Come tutti i matrimoni, al banchetto seguivano musica e balli a suon di tarantelle che duravano per le successive otto serate, dopo le quali la sposa salutava e ringraziava tutti.

In Evidenza

Potrebbe interessarti

‘A Zita cilentana: ecco la tradizione che trasformò il matrimonio in un rito

SalernoToday è in caricamento