rotate-mobile
Cronaca Angri

Angri, risarcimento per ingiusta detenzione: Cassazione dice no al ricorso di uno scafatese

Questa la decisione dei giudici, dopo che in Appello era stata riconosciuta l'ingiusta detenzione per lo scafatese M.E. , gestore di un bar di Angri, finito al centro di un'inchiesta per spaccio di droga

"Elementi di forte sospetto, comportamento ambiguo e mancata chiarezza per effetto di un comportamento gravemente colposo, tolleranza e piena conoscenza del reato di spaccio consumato". Così la Cassazione ha annullato il riconoscimento dell'ingiusta detenzione per lo scafatese M.E. , gestore di un bar di Angri, finito al centro di un'inchiesta per spaccio di droga

La storia

Pur riconosciuto in appello, in precedenza, ora un ribaltamento della decisione dinanzi alla Suprema Corte. A pesare la "connivenza da parte di M.E. rispetto all'attività svolta dal padre": sapeva dello spaccio e la condotta da sola non è sufficiente a riconoscergli l'ingiusta detenzione patita all'epoca del blitz. E ancora, pesa anche il non aver voluto rispondere alle domande del gip, quindi non mostrando volontà a chiarire la sua posizione. Il risarcimento danni per ingiusta detenzione è ora motivato, a distanza di un accoglimento della Cassazione un anno fa, del ricorso del procuratore generale e nuovo rinvio dinanzi ai giudici d'appello. Il blitz risale al settembre del 2014, quando M.E. fu convolto insieme al padre nell'inchiesta "Caffè-chic", concentrata su un giro di droga tra Angri e Scafati. In Appello, l'uomo aveva ottenuto 25mila euro di risarcimento per ingiusta detenzione, pari a 423 giorni complessivi trascorsi agli arresti domiciliari. L'ordinanza fu impugnata dal procuratore generale che con una memoria, chiese di revocare quel beneficio. Secondo le ragioni messe nero su bianco, i giudici non tennero conto del fatto che lo scafatese si avvalse della facoltà di non rispondere in sede di interrogatorio. E questo, avrebbe dimostrato la "sussistenza della colpa grave ostativa al riconoscimento del diritto alla riparazione". La presenza del 29enne nel bar, dove pure si gestiva lo spaccio di droga, era nelle sue piene conoscenze. Ragioni riprese anche dalla Corte di Cassazione, che ha rigettato il ricorso dei legali dell'uomo, revocandogli contestualmente anche il risarcimento precedentemente ottenuto

Si parla di

In Evidenza

Potrebbe interessarti

Angri, risarcimento per ingiusta detenzione: Cassazione dice no al ricorso di uno scafatese

SalernoToday è in caricamento