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Cronaca Angri

Tentarono di uccidere imprenditore ad Angri, condannati ma cade l'aggravante mafiosa

Cinque anni e sei e cinque anni e otto le pene, con sconto rispetto al primo grado di circa tre anni.

Sono stati riconosciuti colpevoli, ma con una pena rideterminata e la caduta dell'aggravante mafiosa, i due paganesi ritenuti colpevli del tentato omicidio di un imprenditore di Angri. Cinque anni e sei e cinque anni e otto le pene, con sconto rispetto al primo grado di circa tre anni. 

L'inchiesta

La vittima era un imprenditore angrese impegnato nel settore pulizie e sanificazioni. I fatti risalgono al 25 maggio 2020, ad Angri. Alcuni giorni dopo l’agguato, i primi di giugno, i due imputati furono arrestati dai carabinieri. Quel giorno l'imprenditore fu inseguito da una moto: era quella dei due potenziali sicari. L’imprenditore capì di essere in pericolo e, dopo che furono esplosi alcuni colpi di pistola al suo indirizzo (almeno tre con una Magnum 357), fece una manovra con la sua auto, una Fiat 500X, in modo da sbilanciare la moto che lo inseguiva, facendo cadere a terra gli inseguitori, schiacciando il veicolo contro il guardrail, potendo così darsi alla fuga. I giudici di più gradi avevano confermato il riconoscimento della matrice dell’agguato, ora caduta in appello. Novanta giorni per leggere le motivazioni. Il commando, secondo la ricostruzione degli inquirenti, giunse sul luogo del delitto, indossando un casco integrale per non farsi riconoscere. E arma in pugno, piombò sulla vittima mentre era al volante della sua auto, sparandogli contro e ferendolo in modo non mortale. L’indagine stabilì che i killer avevano come obiettivo la morte dell'imprenditore, titolare di società cooperative molto attive sul mercato. I colpi di pistola era diretti ad ucciderlo, ma la mira fu sbilenca perché la vittima riuscì a schiacciare la moto contro il parapetto e se la cavò con ferite che furono giudicate guaribili in un mese dai sanitari dell’ospedale San Carlo di Napoli. I due, tuttavia, secondo sentenza d'appello, non agirono per conto di un'associazione di stampo mafiosa, a dispetto di quanto sostenuto in primo grado dal gup del tribunale di Salerno. 

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