Scandalo Ior, ascoltati i cugini D'Amico: "I 20 milioni non sono nostri"
Nel corso dell'atto istruttorio i due indagati hanno confermato di conoscere Scarano e di aver avuto con lui rapporti finalizzati alla beneficenza e aiuti umanitari
Riflettori ancora puntati sul caso Scarano. E' la volta dell'interrogatorio di Paolo e Cesare D'Amico, assistiti anche dall'avvocato Antonio Fiorella, ascoltati per oltre tre ore dal procuratore aggiunto Nello Rossi e dai sostituti Stefano Rocco Fava e Stefano Pesci. Nel corso dell'atto istruttorio i due indagati hanno confermato di conoscere Scarano, legato da antico vicolo, con il capostipite Giuseppe D'Amico, e di aver avuto con lui rapporti finalizzati alla beneficenza e aiuti umanitari.
Gli imputati hanno citato la costruzione di una casa per anziani e di un campo di calcio per seminaristi a Salerno: "esterrefatti" per il loro coinvolgimento nell'inchiesta, entrambi hanno escluso di conoscere sia Carenzio sia Zito. Un altro componente della famiglia D'Amico indagato dalla procura di Roma, Maurizio, non si è presentato oggi davanti ai pm.
"Quei venti milioni di euro non sono nostri": hanno detto i cugini Paolo e Cesare nell'ambito del processo che li ha visti indagati per evasione fiscale, nell'inchiesta sul fallito tentativo di far rientrare in Italia il denaro dalla Svizzera.