La chiesa di S. Andrea de Lavina: ecco dove pregavano gli amalfitani a Salerno
La chiesa di Sant’Andrea de Lavina rappresenta oggi una vera e propria perla dell’epoca medievale che racconta un volto della città ignoto ai più. Scopriamo cosa si cela nella storia di una delle architetture religiose più belle del capoluogo campano.
È stata riaperta ufficialmente al culto da un po’ di tempo la chiesa di Sant’Andra de Lavina nel centro storico di Salerno: per molto, forse troppo, tempo la chiesa di Largo Campo è stata vittima di un lungo degrado cittadino, ma fortunatamente è ritornata all’antico splendore. La chiesa di Sant’Andrea de Lavina vanta un’origine antica: correva l’anno 832, Alto Medioevo, quando il duca salernitano Sicardo riuscì a sottomettere e conquistare la vicina Amalfi iniziando una drammatica deportazione dei suoi abitanti in città, che finirono confinati proprio all’interno del quartiere che sulle carte ufficiali prenderà il nome di “Vico degli Amalfitani”, e che oggi i salernitani conoscono meglio come “Le Fornelle”. In realtà, proprio grazie alla presenza degli amalfitani, il quartiere diventò un’importante luogo di attività commerciali arricchito dalla presenza di tre chiese, tra cui quella di Sant’Andrea, Santo Patrono della cittadina costiera. La chiesa odierna, similmente al complesso di San Pietro a Corte, è il frutto di ben tre stratificazioni: all’inizio, infatti, la struttura portava il nome di Sant’Andrea de Lama ed elementi di questa costruzione originaria del X secolo sono visibili oggi grazie agli scavi effettuati. E’ possibile ammirarne l’abside, alcuni affreschi datati IX e X secolo, e l’epigrafe greca, da cui è possibile supporre che l’edificio religioso fosse stato costruito per il rito greco-bizantino.
La chiesa, però, probabilmente a causa di un evento particolarmente catastrofico, venne distrutta e sui suoi resti ne venne subito edificata un’altra di cui, però, oggi rimane ben poco: i resti sembrano voler suggerire l’esistenza di due absidi e due navate dalla forma un po’ desueta. Questo ha fatto pensare che dovesse trattarsi di un luogo destinato al doppio culto, ovvero il culto occidentale e quello orientale. La terza chiesa, che oggi sorge sulle rovine della seconda, venne denominata Sant’Andrea de Lavina, a causa della presenza del torrente che scorre al di sotto della costruzione e al quale si potrebbero imputare le precedenti alluvioni. La chiesa, che oggi si può ammirare, è una versione molto modificata della terza costruzione: fino alla fine del XVI secolo, per esempio, l’entrata non era quella odierna rivolta a est ma era rivolta a ovest, anche l’aspetto barocco è da collegare ai restauri di cui l’edificio fu protagonista nel Cinquecento. Nonostante i diversi cambiamenti in stile barocco, ancora si riconoscono i segni dell’età altomedievale come gli affreschi del XIV secolo e il campanile in stile romanico, dalle cui campane si racconta che Ippolito di Pastena abbia incitato nel 1648 alla rivolta la popolazione contro il vicereame spagnolo.