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Venerdì, 19 Aprile 2024
Cronaca

Contrabbando internazionale di carburante, sgominate due bande nell'Agro: sequestrati 128 milioni di euro

Gli interventi delle Guardia di Finanza riguardano persone fisiche e società a vario titolo coinvolte in gravi frodi fiscali connesse al contrabbando internazionale di prodotti petroliferi, ma anche all’autoriciclaggio ed all’intestazione fittizia di beni

Alle prime ore di questa mattina, oltre 200 militari della Guardia di Finanza hanno proceduto, nelle province di Salerno, Napoli, Potenza, Roma, Chieti, L’Aquila, Mantova e Milano, a circa 40 perquisizioni e all’esecuzione di un decreto di sequestro preventivo di beni per oltre 128 milioni di euro. Le indagini del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Salerno, coordinate dal Sostituto Procuratore della Repubblica di Nocera Inferiore Roberto Lenza, hanno ricostruito l’attività di due distinte associazioni criminali, radicate nell’Agro nocerino-sarnese, “specializzate” nella commercializzazione di carburante adulterato, importato da diversi Paesi esteri eludendo il pagamento delle imposte. Già a partire dal 2018, gli approfondimenti della Guardia di Finanza avevano consentito il sequestro di 13 autocisterne con oltre 500 mila litri di prodotto petrolifero di contrabbando e l’arresto in flagranza di 4 persone. 

L’inchiesta 

In particolare, alla luce delle indagini, il G.I.P. del Tribunale di Nocera Inferiore ha disposto gli arresti domiciliari nei confronti di altri 4 promotori ed organizzatori di una delle due associazioni, per i quali è stato ravvisato il pericolo concreto ed attuale di reiterazione dei reati, ma anche emesso, nei confronti di 32 società riconducibili alle organizzazioni criminali, misure cautelari reali per oltre 128 milioni di euro, pari all’ammontare delle imposte evase (Iva, accise, Ires e Irpef). Al termine delle perquisizioni di questa mattina, sono stati vincolati, tra Lombardia, Abruzzo, Lazio, Campania e Basilicata, 27 veicoli commerciali utilizzati per il trasporto dei carburanti, ma anche quote societarie, i compendi aziendali di 9 imprese (7 italiane e 2 estere), 2 depositi commerciali, 10 impianti di distribuzione, un’imbarcazione di lusso.  Gli accertamenti sono stati avviati verso la fine del 2017, a seguito di alcune anomalie emerse in merito ad un traffico di carburante proveniente dall’Est Europa, venduto in Italia sfruttando un meccanismo fraudolento che portava ad evitare il pagamento delle imposte dovute. Secondo quanto ricostruito dai Finanzieri, gli indagati, nell’arco di soli due anni (tra il 2018 ed il 2019), avrebbero “importato” illegalmente da fornitori ungheresi, croati e sloveni oltre 20 milioni di litri di “olio anticorrosivo e preparazioni lubrificanti”, prodotti per natura non soggetti alle accise e, in linea con la normativa comunitaria, nemmeno al monitoraggio del loro trasporto.  Sul piano cartolare, il percorso seguito era invece molto più tortuoso ed articolato. Dopo essere state sottoposte, in una base logistica in Slovenia, ad un processo di adulterazione che le rendeva idonee alla carburazione, le partite di merce venivano caricate su autocisterne dirette in Italia, scortate da documentazione fiscale del tutto falsa, che gli autisti distruggevano non appena varcata la frontiera, sostituendola con quella di accompagnamento specificamente prevista per coprire il restante tragitto nel territorio nazionale (attestando il trasporto di gasolio per autotrazione ad imposta assolta). Cautela adottata per superare gli eventuali controlli su strada della Guardia di Finanza. 

I carichi irregolari proseguivano, infine, verso un deposito petrolifero dell’hinterland milanese, hub di distribuzione attraverso il quale le partite di carburante venivano immesse tranquillamente in consumo, presso distributori all’ingrosso e tramite la rete delle cosiddette “pompe bianche” (o no logo”), gestite da membri delle associazioni o comunque da società clienti. Per tali attività legali - che, solo di accise, hanno determinato complessivamente un’evasione fiscale di oltre 11 milioni di euro - le associazioni si avvalevano anche di società “di comodo” - imprese prive di qualsiasi consistenza economica, struttura operativa o personale dipendente - il cui compito era solo quello di farsi carico dell’Iva derivante dalle vendite, senza poi adempiere ai conseguenti obblighi di versamento. Una perdita per il Fisco, quest’ultima, ancora più grave, quantificata in quasi 99 milioni di euro, tenuto conto anche dei riflessi derivanti dalla ricostruzione delle posizioni fiscali dei vari soggetti economici coinvolti. Ed infatti, le “cartiere”, apparentemente attive in sedi dislocate in tutto il territorio nazionale ed intestate a soggetti prestanome, erano inserite in un più complesso meccanismo di frode “carosello”, finalizzato all’emissione di fatture per operazioni soggettivamente inesistenti, che garantiva la creazione di “schermi” tra i punti di approvvigionamento del prodotto petrolifero ed i reali utilizzatori, i quali, “risparmiando” sul pagamento dell’Imposta sul Valore Aggiunto, potevano poi praticare un prezzo di rivendita più competitivo. 

Distrubutore di benzina e auto di lusso acquistate con la frode

 

Per avere un’idea di quanto sia stato lucroso il meccanismo messo in piedi, basta considerare che, per ogni litro di gasolio venduto ad un prezzo medio “alla pompa” di 1,50 euro, gli indagati ottenevano un indebito “risparmio” di circa 27 centesimi di Iva e 60 di accise, per un totale di quasi 90 centesimi al litro di imposta evasa. Nel tempo, gli éscamotage sono stati anche adeguati ai mutamenti normativi nella disciplina sugli acquisti di carburante. Ne è una prova l’accorgimento adoperato per eludere la responsabilità “in solido” nell’assolvimento dell’Iva, introdotta nel 2018 a carico dei depositi fiscali. In quell’occasione, gli associati hanno iniziato a far uso di “lettere d’intento” false, dichiarando fittiziamente il possesso della qualifica di “esportatori abituali” per continuare ad acquistare gasolio senza il pagamento dell’imposta. Nel corso dello svolgimento dell’inchiesta, le indagini patrimoniali e l’analisi delle segnalazioni per operazioni sospette pervenute dagli istituti bancari hanno consentito di monitorare i rilevanti profitti conseguiti dai sodalizi, sistematicamente trasferiti alle proprie società estere (vere e proprie “casseforti”) per impedirne la tracciabilità, ovvero reimpiegati nel territorio nazionale per l’acquisizione di quote societarie, impianti di stoccaggio e di distribuzione di prodotti energetici. In un biennio, sono stati effettuati investimenti in depositi per oltre 3 milioni di euro. Si tratta, nel complesso, di manovre finanziarie importanti, che hanno contribuito alla realizzazione di un’economia illecita “circolare”, mediante la quale i confini commerciali del network criminale si sono estesi fino al Potentino, all’Abruzzo e alla Lombardia, accumulando ricchezze che gli associati non mancavano di ostentare. Ne sono un esempio le auto di lusso, del tipo Lamborghini e Porsche, rigorosamente intestate a proprie società estere, sfoggiate in occasione delle inaugurazioni dei distributori di carburante via via acquistati. 

Peraltro, cinque degli indagati, reimpiegando i proventi delle attività illecite all’estero e risultando a tutti gli effetti privi di qualsiasi fonte reddituale, hanno potuto pure presentare la domanda per il reddito di cittadinanza. Per neutralizzare le molteplici ed articolate manifestazioni illecite delle due organizzazioni, la Procura della Repubblica di Nocera Inferiore e la Guardia di Finanza hanno sviluppato un complesso filone investigativo, impiegando tutti gli strumenti tipici della polizia economico- finanziaria, quali, ad esempio, accertamenti bancari, analisi di segnalazioni di operazioni sospette, mutua assistenza amministrativa con gli organi collaterali esteri, incrocio delle risultanze delle banche dati. “Nonostante le difficoltà sottese al carattere transnazionale dei reati contestati, che hanno reso più insidioso l’accertamento dei fatti di frode emersi, le indagini – spiega il Procuratore Antonio Centore - hanno consentito di delineare un grave quadro indiziario a carico di 59 indagati e di arginare un fenomeno illecito fortemente distorsivo degli equilibri concorrenziali del mercato dei carburanti”.

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