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Venerdì, 19 Aprile 2024
Cronaca

Eccellenza l'ingegnere Ettore Nardi, professione, giovani, futuro

A Cura di Valentina Busiello

Nota- Questo comunicato è stato pubblicato integralmente come contributo esterno. Questo contenuto non è pertanto un articolo prodotto dalla redazione di SalernoToday

Una chiacchierata con l’ingegnere Ettore Nardi: professione, giovani, futuro. Ettore Nardi, trentaseienne partenopeo, ingegnere civile, giornalista e funzionario tecnico dell’Università degli Studi di Napoli Federico II. Dal 2013 ad oggi Nardi è Consigliere dell’Ordine degli Ingegneri di Napoli e nel 2016 gli viene conferito l’incarico di Responsabile della Trasparenza e Anticorruzione dell’Ente. Dal 2017 è consigliere nazionale dell’AIIT, Associazione Italianala per l’Ingegneria del Traffico e dei Trasporti, di cui è anche responsabile dell’organo di stampa. Da sempre in prima linea nel mondo dell’associazionismo e del volontariato, Ettore Nardi è Segretario Regionale del Comitato Unicef Campania, membro attivo e past Rappresentante di Unesco Giovani Campania e socio del Lions Clubs International, di cui è stato presidente di Club e di Zona. Dottore Nardi, lei è un ingegnere di talento, un’eccellenza del territorio che si è distinto per professionalità, impegno, cultura e capacità di creare sinergie. Ci parla innanzitutto dell’importante professione dell’Ingegnere? L’ingegneria, culla del sapere applicato e dell’incontro tra molteplici discipline, ha sempre avuto un ruolo determinante nella società. L’antichissima professione dell’ingegnere si è costantemente rinnovata in termini di conoscenze e competenze con l’obiettivo di favorire e, per certi versi, governare il cambiamento. Forse ancora di più oggi, ci si accorge dell’importanza della figura dell’ingegnere che offre risposte concrete alle principali sfide dell’umanità del XXI secolo: dall’ambiente all’energia, dalle costruzioni ai trasporti, dalla sostenibilità alle infrastrutture, dall’innovazione alle nuove tecnologie anche in campo biomedico, sono solo alcuni dei settori che vedono l’ingegnere in prima linea. Anche la prevenzione e la sicurezza sui luoghi di lavoro, temi dei quali lei si occupa all’Università Federico II di Napoli, sono settori importanti dell’ingegneria? L’analisi e la valutazione del rischio sono attività proprie della cultura ingegneristica. La prevenzione e la sicurezza sono per noi temi fondamentali sui quali da sempre ci impegniamo per porre un freno alle morti sul lavoro. Garantire la sicurezza delle maestranze e, più in generale, di tutti i cittadini è per noi una battaglia di civiltà, soprattutto nell’epoca in cui l’innovazione tecnologica può venirci incontro per prevenire alcuni dei principali rischi. Ingegnere Nardi una delle sue parole chiave è “network”. Secondo lei è utile creare reti e sinergie tra ingegneri e altri professionisti e stakeholder? Se fino a qualche decennio fa, la laurea in ingegneria garantiva un accesso privilegiato al mondo del lavoro e l’attività professionale poteva essere svolta per lo più in modo individuale, quest’oggi gli ingegneri condividono con gli altri professionisti temi, problemi, difficoltà e ostacoli comuni. Risulta quindi indispensabile affrontarli insieme, in una logica di network tra professionisti, mondo produttivo, stakeholder ancor di più nell’epoca attuale fatta di connessioni e interconnessioni, in cui internet ci consente in pochi istanti di essere connessi con il mondo. La rete ovviamente non può essere solo quella virtuale, ma anche attraverso gli strumenti multimediali, dobbiamo puntare al coinvolgimento sempre più ampio di molteplici attori, in modo da analizzare temi e problemi in modo multidisciplinare, per dar vita a opportunità comuni di crescita. Le sue attività non si limitano alla professione e alla vita ordinistica. Lei è infatti in prima linea nel mondo dell’associazionismo e del volontariato in varie organizzazioni. Consiglierebbe ai giovani un impegno di questo tipo? Assolutamente sì. L’associazionismo è un’importante palestra di vita, soprattutto per i più giovani. Si ha l’opportunità di parlare in pubblico, vincendo la timidezza, si impara a relazionarsi con le istituzioni, ci si abitua a lavorare in un team o a coordinare gruppi per realizzare idee e progetti. E poi il volontariato, ciascuno di noi dovrebbe provare l’esperienza del volontariato, fatto di tempo sottratto alla famiglia, agli affetti, allo svago e dedicato ad aiutare chi è meno fortunato, senza alcun secondo fine o ambizione. Quale è il tema che al momento la coinvolge maggiormente e che ritiene debba essere approfondito dalla politica e dalle istituzioni? Da giovane professionista sono tanti i temi che ritengo debbano essere al centro dell’agenda politica, dalla lotta alla burocrazia, alla valorizzazione del merito, la sicurezza sui luoghi di lavoro, al diffondersi di una seria di cultura della prevenzione e della manutenzione, dal lavoro sempre più precario e sottopagato, alla fuga dei cervelli. Proprio sulla fuga dei cervelli da giovane ingegnere e giornalista ha avviato da tempo una campagna di informazione e sensibilizzazione. Ce ne parla ? Sì, ormai da anni leggiamo report che fotografano il triste fenomeno denominato fuga dei cervelli, ossia l’emorragia di capitale umano rappresentato da quanti, soprattutto neolaureati, sono costretti alla diaspora verso l’estero per iniziare - in pochi casi per migliorare - la propria attività lavorativa. Quali sono le cause secondo lei? Le cause vanno ricercate, senza ombra di dubbio, nel mutato contesto lavorativo e professionale, ormai globalizzato, soprattutto se si guarda al sistema imprenditoriale e industriale. E così diviene quasi obbligatoria un’esperienza all’estero, perché arricchisce il curriculum ed il bagaglio di competenze. Ciononostante, è decisamente difficile accettare l’emigrazione, quella a tempo indeterminato, dei nostri giovani, dovuta a mancanza di lavoro e di opportunità in certe zone del nostro Paese. Tale condizione, infatti, non nuoce solo alle famiglie in termini umani e affettivi, ma anche, e soprattutto, in termini sociali ed economici al territorio nel quale questi giovani hanno vissuto e si sono formati. Ci spiega meglio? Secondo l’Ocse, lo Stato e quindi la collettività investe oltre 100mila euro su ogni singolo studente italiano, dall’asilo all’università. E allora “fugge”, insieme a ciascun laureato che si trasferisce definitivamente all’estero, anche l’anzidetto investimento in istruzione, sapere e conoscenza, senza contare che quel cervello contribuirà, peraltro, ad arricchire lo Stato nel quale trasferisce la residenza, in termini di produttività e pagando le tasse lì e non in Italia. Oltre il danno la beffa? Pienamente d’accordo. Oltre il danno la beffa e il tutto nella quasi totale indifferenza del Sistema Paese che, per effetto di questo esodo, ha “regalato”, secondo un recente report, oltre 20 miliardi di euro negli ultimi 7 anni ad altri Stati, perdendo due volte: in termini di capitale economico-finanziario e sociale-umano. In conclusione, cosa secondo lei si potrebbe fare per invertire la rotta? Scappano dall’Italia tutti coloro che hanno costruito con sacrificio le loro legittime ambizioni ed aspirazioni e le vedono mortificate da un Paese che spesso sembra voler mettere a tacere chi vale. E’ quindi indispensabile che, in Italia e ancor più nel nostro Meridione, siano incentivate le tante eccellenze, valorizzandole. Occorre far sì che ciascun territorio, con le proprie peculiarità, possa tornare ad essere attrattivo tanto per le grandi realtà imprenditoriali, quanto per i nostri cervelli fuggiti all’estero. Per fortuna esistono già esempi virtuosi che attraggono capitali umani ed economici, in cui “merito” è la parola chiave. Un esempio è a Napoli ed è il Polo di San Giovanni a Teduccio dell’Università Federico II. Il complesso universitario, nato dalla rigenerazione urbana dell'ex area industriale Cirio, è oggi sede oggi di "Cisco Digital Transformation Lab", “Apple Developer Academy”, “Intesa Sanpaolo Innovation Center” e di molte altre realtà che lo hanno reso un polo tecnologico e di ricerca all’avanguardia, attrattore di giovani e grandi aziende da tutto il mondo. E’ su realtà di questo tipo che bisogna puntare, oltre ad incentivare le imprese a investire in Italia e favorire l’autoimprenditorialità dei giovani. Noi ingegneri ci siamo e mettiamo a disposizione della collettività le nostre conoscenze e competenze, auspicando che anche le istituzioni e la politica facciano scelte coerenti e coraggiose per far ripartire il Paese.

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