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Cronaca

Eccellenze straordinarie, il dottore Carmelo Nicolosi De Luca

A Cura di Valentina Busiello

Nota- Questo comunicato è stato pubblicato integralmente come contributo esterno. Questo contenuto non è pertanto un articolo prodotto dalla redazione di SalernoToday

Eccellenze Straordinarie, Carmelo Nicolosi De Luca, è un giornalista italiano, un’eccellenza del nostro Mezzogiorno, che si è distinto per le sue doti di reporter con servizi e interviste da tutto il mondo e di scrittore di talento. Nato a Catania, vive a Palermo, dove scrive per il Giornale di Sicilia. Ha lavorato per oltre 23 anni per il Corriere della Sera. Ha curato inchieste e servizi da Europa, Asia, Africa, Medio Oriente, Sudafrica, America del nord e del sud, incontrando molti personaggi che hanno fatto la storia mondiale, tra cui Nelson Mandela e diversi premi Nobel della letteratura, della fisica, della medicina. Si è dedicato solo al giornalismo fino a pochi anni fa, quando è ritornato alla vecchia passione di scrittore, pubblicando “L’Italia degli inganni”, un libro su vicende della storia d’Italia dal 1860 ai giorni nostri, passi storici poco conosciuti, soprattutto dalle giovani generazioni. Il genere che ha sempre amato è però il thriller. L’autore è stato insignito, nella sua carriera, di numerosi riconoscimenti nazionali e internazionali. Ha ricevuto la medaglia d’oro alla carriera dall’Ordine dei Giornalisti di Sicilia. Ma il riconoscimento che a lui è più caro è quello di “Eccellenza”, conferitogli nel 2011, in occasione della presentazione del suo libro “L’intrigo parallelo”, definito un inno alla libertà del popolo siciliano. Carmelo Nicolosi De Luca, benvenuto e, innanzitutto, complimenti per la sua importante carriera fatta di grandi soddisfazioni lavorative e personali. Ce ne vuole parlare? “Direi di essere stato fortunato ad iniziare la mia carriera al quotidiano “Corriere di Sicilia” di Catania, a 18 anni, un giornale ricco di professionalità, d’amore per le inchieste, le grandi interviste, i grandi servizi. Eravamo tutti giovani ed entusiasti. Purtroppo, per un dissesto economico il quotidiano fu costretto a chiudere i battenti. Si era tra gli anni Cinquanta e Sessanta. Mi spostai a Palermo, iniziai a lavorare per il Giornale di Sicilia, il quotidiano allora leader nell’Isola, nato nel 1860. Un giorno venni contattato dal Corriere della Sera per il quale scrissi per 23-24 anni. Ho avuto la gioia di entrare in contatto con grandi personaggi della politica, della cultura, della scienza. Nel mio cuore è però sempre stata viva la voglia di scrivere qualcosa di più consistente di un articolo, ma non ne avevo il tempo. Quando, passando inesorabili gli anni, ebbi modo di rimanere di più dietro una scrivania, iniziai a pensare a diverse situazioni lavorative vissute nel corso degli anni. Una notte insonne decisi di rivedere vecchi appunti, rileggere vecchi servizi e conclusi che nella vita di questa nazione poco è cambiato dalla sua unità. L’Italia è un Paese che conta molti santi, ma che non può essere definito un popolo di santi. E decisi di scrivere “L’Italia degli inganni”, che dedicai a “A chi ama la verità”, in particolare alle nuove generazioni, che non hanno avuto modo di conoscere, se non in modo improprio e spesso falsate, molte parti della storia del Paese, anche recenti, intrise di intrighi, tradimenti, scandali, delitti, depistaggi, stragi impunite, processi imbarazzanti, intrallazzi. Come ha scritto la critica “un libro sulla storia d’Italia mai scritta”. A scriverlo mi spinse un moto d’amore verso questa nazione, la convinzione che solo dalla memoria del passato non mistificato è possibile lottare per una svolta vera, non illusoria, di un Paese”. Lei è ora autore di libri bellissimi editi dalla Newton Compton come “La congiura dei monaci maledetti” e “Il codice dei Cavalieri di Cristo”, libri che sono stati al vertice delle vendite. A cosa si è ispirato per scrivere questi lavori? “La congiura dei monaci maledetti” è ispirato alla vita del domenicano Girolamo Savonarola, abate del monastero di San Marco, a Firenze, nella seconda metà del Quattrocento. Un frate di una forza e fede sconfinata, che per amore della Chiesa si oppone al malaffare di papa Clemente VI, al secolo Rodrigo Borgia, e immola la propria vita alla verità. Mi convinsi che il pensiero di questo grande personaggio, purtroppo trascurato nel tempo, andasse riproposto. Ma come? Ci voleva qualcosa che potesse coinvolgere nella lettura. Ecco che mi venne in mente di servirmi di un thriller, ambientato tra passato e presente. E fu la carta vincente. A Firenze, mi incontrai con i domenicani di San Marco, percorsi i luoghi della vicenda e, così nacque “La congiura dei monaci maledetti”, definito il caso editoriale dell’anno. La sua stesura ha rafforzato la mia convinzione che non bisogna mai arretrare davanti a un sogno di lotta, a non lasciare il passo a chi non lo merita, a non cadere nella tentazione del compromesso”. Un forte successo di critica e di pubblico ha avuto anche il libro successivo “Il codice dei cavalieri di Cristo”, ambientato tra Italia e Portogallo, un romanzo ricco di colpi di scena che tengono incollato il lettore verso un finale dove tutto si incastra alla perfezione. Anche per questo libro a cosa si è ispirato? “Amo molto leggere la storia di altri Paesi. Una sera mi imbattei in una vicenda poco conosciuta accaduta in Portogallo. Dopo la soppressione dell’Ordine dei Templari nel 1312, Dionigi I, re di quella nazione, non si piega a papa Clemente V che gli impone il passaggio alla Chiesa dei beni Templari di quel Paese, ma fonda un nuovo Ordine che battezza “Ordine di Cristo”, formato all’inizio da monaci in armi, che dimostrano grande valore nel contrastare le avanzate degli “infedeli”, e a loro conferisce le sostanze dei templari. In sostanza, in Portogallo, l’ordine dei cavalieri del Tempio continua a vivere anche se con altro nome. Nel tempo, uno dei Gran Maestri fu Enrico il Navigatore. Questa vicenda ha ispirato “Il codice dei cavalieri di Cristo”, un thriller calato nel fascino del medioevo, che ha risvolti ai giorni nostri, in un intrigo storico-misterico-spirituale che si svolge tra Palermo, Cefalù e Lisbona, un rompicapo per il vicequestore Giovanni Barraco, personaggio intuitivo, ironico, irriverente, e i suoi collaboratori, che i lettori hanno imparato a conoscere ne “La congiura dei monaci maledetti”. Nicolosi, ci svela qualcosa del suo prossimo lavoro? “Certamente. Due anziani preti, cultori di storia romana, applicando un metodo deduttivo dell’era precristiana, connettono fatti accaduti nel II e III secolo dopo Cristo ad episodi del presente e ipotizzano che un pericolo strisciate sta per coinvolgere la Chiesa di Roma. La vita dei due sacerdoti viene sconvolta. Delle indagini si occupano, come nei libri precedenti, il capo della squadra Mobile di Palermo, vicequestore Giovanni Barraco e il questore di Roma, Ettore Midiri, assistiti da monsignor Matteo Cattaneo, uomo della Santa Sede, gli stessi personaggi de “La congiura dei monaci maledetti”. Lei vive a Palermo, una città che offre scenari incantevoli nel nostro Mezzogiorno. “Non sono nato a Palermo, quindi in quello che dico non c’è alcun campanilismo. È una città ricca di storia, di arte, di luoghi incantevoli, come lo è tutta la Sicilia. A Palermo, vanno vissute le affascinanti zone del centro storico, i suoi vicoli centenari, i suoi monumenti, le sue chiese, i suoi mercati, come Ballarò e il Capo, senza dimenticare la spiaggia di Mondello e tutto il mare del suo comprensorio. Tralasciando il capoluogo siciliano, tutto il Mezzogiorno d’Italia conta bellezze uniche, luoghi d’arte preistorica ed antica, di splendori architettonici mozzafiato, di vestigia greche e greco-romane di estremo interesse, come Paestum, Agrigento, Selinunte, Mozia ed altri siti zeppi di storia. E il Mezzogiorno ha nutrito e nutre nel suo seno grandi poeti, scrittori, pittori, scultori”.

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