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Cronaca

Presunto caso di malasanità, la lettera di una nostra lettrice

"Anche se sono settimane che la voce gira nella città di Salerno tra amici e conoscenti e negli ambienti ospedalieri, ho ritenuto giusto che diventi pubblica non solo per rabbia ma per tutelare tutte le persone come mio fratello", ci ha spiegato la lettrice

Una nostra lettrice ci ha scritto una lettera segnaladoci un presunto caso di malasanità di cui sarebbe stato vittima suo fratello: "Anche se sono settimane che la voce gira nella città di Salerno tra amici e conoscenti e negli ambienti ospedalieri ho ritenuto giusto che diventi pubblica non solo per rabbia ma per tutelare tutte le persone che come mio fratello per una banale diverticolite sono stati ridotti in coma farmacologico", ha spiegato.

Di seguito pubblichiamo la lettera:

D. 36 anni e 2 figli, un ragazzo pieno di salute, si rivolge la sera del 30 maggio al pronto soccorso dell’ospedale San Leonardo di Salerno per una diverticolite, è da ricovero ma non c'è posto nel reparto di chirurgia d’urgenza, a Salerno c'è posto per la gente di tutta la Campania, ma non per un salernitano. Il giorno seguente viene trasferito in ambulanza all’ospedale Santa Maria Dell’olmo di Cava de’ Tirreni. L’equipe medica visitano mio fratello e decidono di intervenire il giorno seguente con un intervento di protocollo nei casi di diverticolite come il suo: tagliando la parte d’intestino infiammata ed applicando per 3 mesi la stomia affinchè l’intestino si sfiammi e possa essere ricollegato dopo qualche mese. L’indomani 1 giugno due medici decidono di fare un gesto eroico contro ogni protocollo tagliando la parte infiammata e ricollegando contemporaneamente l’intestino infiammato. Mio fratello e noi familiari veniamo informati di questo cambio di intervento all’uscita dalla sala operatoria. Dopo 2 giorni, mio fratello inizia ad avvertire forti dolori all’addome, febbre forte, ma i medici continuano a dire che è tutto a posto. Il giorno 5 giugno, mio fratello si accorge che il drenaggio dall’addome è pieno di feci e addirittura vede nella bustina i fili di cotone delle suture, allerta gli infermieri e dopo 1 ora è di nuovo in sala operatoria.  Giorno 6 giugno: gli viene applicata la stomia, giorno 7 giugno: ricompare la febbre forte e dolori forti all’addome. Facciamo presente ai medici che mio fratello non sta bene, ma loro continuano a dire che tutto a posto e che mio fratello è lamentoso. Il giorno 9 giugno un medico ci comunica che la febbre di mio fratello è un infezione alla ferita, la specializzanda sotto la sua guida preme la ferita di mio fratello come fosse un limone per far uscire il pus, arrecandogli sofferenze atroci.  Sabato 10 giugno alle 22.30 prima di lasciare l’ospedale, chiedo informazioni alla dottoressa (specializzanda) unica presente nel reparto: la dottoressa mi assicura che è tutto sotto controllo, che la tac del giorno prima è buona, ma io non me la bevo perché vedo mio fratello troppo sofferente e le faccio presente che se accadesse qualcosa a mio fratello li avrei mandati tutti in galera. Alle ore 5:45 ricevo la telefonata di un'amica che assiste mio fratello durante la notte: sta male. Arrivato alle 6:30 di nuovo in ospedale, mio fratello è già sotto i ferri. Alle ore 11:00 esce il Primario al quale chiediamo spiegazioni e ci risponde che dobbiamo parlare con il chirurgo. Aspettiamo il chirurgo che ammette, da conversazione anche registrata, che ci sono stati degli errori chirurgici e che mio fratello è in rianimazione, in coma farmacologico che gli hanno asportato la milza, l’appendice, ma non ci dice che gli hanno rotto anche il pancreas ed ha la setticemia all’addome, cosa saputa nel pomeriggio dalla primaria della rianimazione di Cava che senza remore ci dice che la situazione è critica e mio fratello deve innanzitutto superare la sepsi addominale cosa negato dal  chirurgo. Da quel momento in Rianimazione abituati a vedere persone anziane si impietosiscono a vedere un ragazzo ridotto in quelle condizioni e tutti, dico tutti, dall’inserviente ai medici, tranne la primaria di Rianimazione ci dicono “portate via da qui vostro fratello prima che risalga in Chirurgia”.  Ad un certo punto le nostre menti offuscate dalla sofferenza iniziano a mobilitarsi e di li ha inizio un balzello per chiedere dove trasferire mio fratello. Mai vista tanta cattiveria e disumanità nel mondo dove un ragazzo di 36 anni vittima di malasanità diventa come una mina pericolosa che nessuno vuole, ospedali che chiedono soldi, i medici di Cava che per non essere danneggiati eticamente rifiutano il trasferimento, la primaria di Rianimazione che per non danneggiare la sua  carriera rifiuta il trasferimento da rianimazione in rianimazione al Monaldi. L’unico essere umano e medico che apre le porte è il dott. P. A., primario di Chirurgia d’urgenza dell’ospedale San Leonardo di Salerno, che ci dice: "Fategli firmare le dimissioni e me lo portate". Oggi mio fratello è al 4° piano di chirurgia d’urgenza dell’ospedale San Leonardo di Salerno dal giorno 16 giugno con un drenaggio al torace per far uscire il succo pancreatico che esce dal pancreas rotto dai medici di chirurgia di Cava de Tirreni. Fa la tac una  volta ala settimana e noi preghiamo ogni volta che la fistola pancreatica si chiuda per evitare un ulteriore intervento. Non dimenticherò mai il dottore dell’ospedale di Cava dei Tirreni che il giorno delle dimissioni di mio fratello per non danneggiare il nome dell’ospedale e per garantirsi la sua carriera prendeva in giro un ragazzo sofferente, non lucido, che in due giorni l’avrebbe fatto ritornare dai figli.

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