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Cronaca Nocera Inferiore

Spaccio di droga: chiesti 52 anni di carcere per i pusher della "Zia"

Il processo che vede imputate otto persone a Nocera Inferiore, accusate di aver spacciato droga sul territorio, aveva come punto di riferimento una donna, Anna Ferrante. Le indagini nacquero dalla confessione di un pusher ad un sacerdote

Si avvia alla conclusione il processo ribattezzato "La Zia", con la pubblica accusa a chiedere 52 anni totali di carcere per gli otto imputati accusati di spaccio e detenzione di droga. L'indagine risale al 2012, con i carabinieri che scoprirono un grosso giro di spaccio nei quartieri del centro storico di Nocera Inferiore. Nella sua requisitoria, il pm Antimafia, titolare del fascicolo di competenza formale della Procura ordinaria, ha ricostruito i rapporti tra i pusher e la figura di Anna Ferrante, quale punto di riferimento dei vari imputati e collegamento con le zone dove la droga veniva acquistata. Queste le richieste di pena: nove anni per Anna Ferrante, conosciuta dai pusher come "La Zia", quattro anni per Bruno Petrosino, otto anni per Giuseppe Fedele, Mario Tortora, Alessandro Marrazzo e quattro anni per Pietro Villani, Vincenzo Bevilacqua e Diego Landino. La sentenza è prevista per settembre. La droga che veniva spacciata andava dalla cocaina all'hashish, fino alla marijuana, gestita - secondo le accuse - da Ferrante, che curava rapporti e contatti. La droga veniva acquistata a Napoli, nel quartiere di Scampia, dove la donna fu arrestata dai militari partenopei. Questi ultimi, furono avvisati dai colleghi di Nocera Inferiore, che intanto avevano avviato le indagini, dopo che uno degli spacciatori - per paura di ritorsioni - si confessò prima con un sacerdote, poi con i carabinieri. Il giovane aveva un debito da pagare, circa 2000 euro, a Ferrante. Servivano a chiudere una partita di 40 grammi di cocaina. Dalle intercettazioni emerse la forza che la donna avrebbe esercitato su alcune piazze di spaccio, fino al contrasto con Bruno Petrosino, che avrebbe gestito un'altra fetta del territorio e che avrebbe chiesto una sorta di "pizzo" alla donna per continuare a proseguire la sua attività. Con gli inquirenti che registrarono minacce di morte del primo verso la donna, con le attività di diffusione dello stupefacente sul territorio a contrastare tra di loro   

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