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Cronaca

Omicidio alle Fornelle: "Luca non uccise per difendersi, incastrato anche da una sigaretta"

E' quanto si legge nelle motivazioni della condanna in primo grado a venti anni di reclusione nei confronti di Luca Gentile, fidanzato della figlia del carrozziere salernitano ucciso il 19 febbraio 2016

Nessuna legittima difesa, si trattò di omicidio volontario. E’ questo, in sintesi, il parere del giudice per l’udienza preliminare Stefano Berni Canani, del tribunale di Salerno, nei confronti di Luca Gentile, accusato di aver ucciso il 19 febbraio 2016 Eugenio Tura De Marco, padre della sua fidanzata Daniela, all’interno dell’abitazione di quest’ultimo situata nel quartiere Fornelle a Salerno.

Le motivazioni

E’ la scena del delitto - secondo le motivazioni della sentenza in primo grado che lo ha condannato a scontare venti anni di carcere - ad incastrare il 23enne salernitano. Per il giudice Stefano Berni Canani la versione fornita dal ragazzo “è smentita da fatti oggettivi e inopinabili”. Determinanti sono i sopralluoghi e le foto scattate nell’appartamento di piazza Matteo d’Aiello. In particolare, non sono stati riscontrati segni di colluttazione (raccontata dal ragazzo subito dopo l’omicidio, ndr) così come il coltello, descritto da Gentile come quello utilizzato da Tura De Marco per aggredirlo, non è stato trovato sul pavimento dell’abitazione ma riposto in modo ordinato su una mensola della cucina. “Le suppellettili sono in ordine - spiega il gup - nulla è scombussolato da esiti di una zuffa tra i due uomini che sicuramente, in un piccolo appartamento come quello, avrebbe del tutto rivoluzionato l’arredo”. E ancora: “Il tavolo reca ancora tracce della cena e tutto è in ordine, addirittura vi è adagiata nel posacenere una sigaretta consumata per consunzione, che sicuramente sarebbe stata scaraventata via se i due uomini avessero lottato”.

Dunque viene ritenuta esatta la ricostruzione effettuata dal pm Elena Guarino che ha “oggettivamente e compiutamente dimostrato l’accaduto”. “Non appena Tura De Marco ha aperto la porta di casa – si legge nella sentenza - l’imputato lo ha colpito con criminale ferocia con ben dodici colpi di coltellate in tutto il torace”. E uno di quei fendenti, al fianco destro, è risultato mortale provocando un’emorragia interna. Poi Gentile è fuggito via gettando il coltello che, secondo gli avvocati difensori Luigi Gassani e Enrico Lizza, avrebbe trovato per caso nell’abitazione del carrozziere e che per gli inquirenti e il giudice aveva invece portato con sé con l’intento di uccidere il suocero. Non solo. Ma secondo il gup la tesi difensiva non può essere accolta perché “le sommatorie informazioni resa dalla fidanzata Daniela chiariscono come l’incontro tra la persona offesa e l’imputato non sia stato fortuito ma al contrario deciso dal Gentile stanco e provoato dalle avances sessuali subito in passato e dalle ingerenze tra il Tura De Marco e la sua fidanzata alla relazione con lui”.

A lui il giudice ha deciso di non applicare l’aggravante del vincolo familiare in quanto l’imputato era legato alla figlia della vittima solo da un rapporto di fidanzamento e non di convivenza. Ma, contemporaneamente, non gli ha concesso le attenuanti generiche in quanto, secondo il gup, non è mai stato “esaustivamente collaborativo”; “non ha mai consentito di ritrovare l’arma del delitto” ed ha “mutato per ben tre volte la versione dei fatti”. Tesi che gli avvocati difensori proveranno a confutare in Appello.  

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