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Cronaca Pagani

Agguato e spari contro imbianchino a Pagani, i giudici: "Volevano ucciderlo"

L'accusa era di tentato omicidio per la gambizzazione eseguita contro l’imbianchino paganese in via Casa Marrazzo, nella primavera 2020.

«Chi ha sparato ha preso di mira la vittima per cagionarne la morte: le circostanze lasciavano apparire altamente probabile l’uccisione della persona offesa, non verificata solo per circostanze fortuite». Così hanno motivato i giudici di Nocera Inferiore la sentenza di condanna - da 10 ad 8 anni - per un gruppo di quattro persone di Pagani. L'accusa era di tentato omicidio, per la gambizzazione eseguita contro un imbianchino in via Casa Marrazzo, nella primavera 2020. L'uomo fu aggredito perchè in precedenza aveva difeso un amico da alcuni degli imputati, in ragione di una presunta scortesia fatta sere prima ad una ragazza. 

La storia

A circoscrivere i fatti, pesano le dichiarazioni della persona offesa, le risultanze della certificazione medica, il racconto dei testi. Uno degli imputati esplose un colpo ad altezza addome, da breve distanza, «non riuscendo a sparare per un problema, la pistola si inceppò. La vittima cercò riparo dietro una staccionata, riuscendo fortunosamente a schivare due colpi ad altezza d’uomo, venendo colpito al ginocchio sinistro», con i fatti confermati dalle dichiarazioni dei carabinieri e dalla relazione tecnico balistica del Ris di Roma, acquisita col consenso delle parti, e le tracce dei colpi finiti nel legno ad altezza d’uomo, con direzione parallela al suolo. Le dichiarazioni difensive dell'imputato, che sosteneva di aver sparato in aria, a scopo intimidatorio, o puntando alle gambe in occasione del terzo colpo, sono state smentite dalle risultanze, «logicamente incompatibili con i fori di proiettile». 

Le motivazioni dei giudici

Per il tribunale «chi ha sparato abbia agito per cagionare la morte della vittima, con la valutazione congiunta di tutti gli elementi a rendere palese l’intento letale, dimostrata dalla perfetta organizzazione dell’azione». Nella conta delle responsabilità, «D. ha agito per causare il decesso o il ferimento della vittima, con piena responsabilità concorsuale di due fratelli, in termini di preparazione, ausilio e organizzazione alla condotta di D., per un’azione punitiva condivisa e comune integrando il pieno concorso. La posizione di A. ,che aveva parlato di presenza casuale, è smentita dalle immagini della telecamera, con la pistola prelevata e l’arrivo sul luogo degli spari in compagnia di D.». Sul punto, la testimonianza decisiva legata ad A. , viene valutata dai giudici come «faticosa deposizione, insinuando il sospetto che egli potesse essere stato in qualche modo a ritrattare le dichiarazioni rese in fase investigativa, con un malore, il ritorno in aula a deporre, con diverse sospensioni e agitazione, ritrattando le sue dichiarazioni come fosse stato minacciato. Infine ha parlato di aver visto il calcio della pistola visibile alla cinta di A. , per poi dire di non ricordare in sede di controesame, di non essere certo». Per i giudici anche A. ha partecipato, pur senza sparare. L’inchiesta fu svolta sul campo dai carabinieri.

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