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Venerdì, 19 Aprile 2024
Cronaca Pagani

Pagani, l'ex pentito Baselice: "Mi allontanai dal clan dopo l'omicidio di Aziz"

Ieri mattina l'ex collaboratore di giustizia ha registrato la sua testimonianza nel processo "Taurania Revenge". Il contenuto del suo esame conferma buona parte di quanto già contenuto nei verbali della Dda. Il 16 marzo arriveranno le richieste di pena

"Mi allontanai dal clan dopo quella cosa al Corpo di Cristo (l'omicidio del tunisino Aziz, ndr). Volevo uscire da quel circolo vizioso". Il dibattimento valido per il processo "Taurania Revenge" ha registrato ieri mattina l'esame dell'ex collaboratore di giustizia, Gerardo Baselice. Il 60enne paganese ha ripercorso in diretta video, dal carcere, la sua esperienza a servizio del clan Fezza - D'Auria Petrosino, fino alla decisione di collaborare per la giustizia. La sua testimonianza sarà completata il prossimo 15 marzo, al termine della quale la Procura Distrettuale Antimafia, nella figura del pubblico ministero Vincenzo Montemurro, farà poi la sua requisitoria. Baselice è partito da quello che era il suo compito: "Tenevo le armi e la droga per conto del gruppo formato da Francesco Fezza, Vincenzo Confessore, Domenico Califano e Andrea De Vivo. Erano in un garage, dove c'erano anche videogiochi che facevamo installare nei bar. Fu Califano a chiedermi una mano, era mio nipote e non me la sentiì di rifiutare". Le apparecchiature - stando alle indagini dell'Antimafia - erano imposte negli esercizi commerciali da Vincenzo Confessore, persona "vicina" a Domenico Califano, l'altro pentito del clan. A seguito degli arresti eseguiti con la prima inchiesta "Taurania", Baselice ha raccontato dell'obbligo per il nipote di collaborare. "Quel garage era il luogo scelto per nascondere la droga e le armi, visto che i videogiochi erano una buona copertura". Sulla droga: "Mi davano pacchi da un chilo, ma per due volte mi recai a Torre Annunziata per comprarla. Feci solo due viaggi. Al ritorno andavo nel quartiere Lamia per consegnare gli stupefacenti a Francesco Fezza. Non ho mai avuto niente per questo, mi avevano promesso 1000 euro al mese". 

"Una volta mi consegnarono 45.000 euro per comprare la droga per il gruppo, fu dopo l'arresto di Andrea De Vivo. Facemmo una staffetta un giorno, io in scooter e lui in auto. Il giorno dopo una donna di cui non ricordo il nome mi consegnò la cifra di 45mila euro. Ma dopo quella cosa a Corpo di Cristo, mi allontanai da Califano e dal gruppo. Francesco Fezza mi chiese di poter utilizzare ancora il garage. I viaggi per la droga venivano fatti invece da Vincenzo "Psiell". Un giorno lo aspettai nel garage, ma invece della droga, nel pacco trovai tre pistole avvolte in un panno. "Mi avevano usato, pensai". Baselice ha infine confermato di aver deciso di collaborare dopo aver parlato con lo stesso Califano, a Tivoli, in compagnia dei carabinieri della Dia. "Mi disse che a seguito di alcuni arresti, qualcuno aveva fatto anche il mio nome. Decisi di collaborare con la giustizia per avere dei benefici, ma non è mai stato così". L'esame di Baselice si concluderà il prossimo 15 marzo. Accusa e difesa hanno invece concordato nell'acquisizione dei verbali di due pentiti napoletani che nel 2013, hanno indicato quale referente del clan interessato ad acquistare droga, Antonio Petrosino D'Auria. E' lui il fulcro del processo, considerato dalla Dda a capo di un clan di camorra che avrebbe di fatto gestito le piazze e il mercato della droga a Pagani 

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