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Cronaca Pagani

Pagani, ex Nuova Famiglia resta sorvegliato speciale: per i giudici è "ancora pericoloso"

La Cassazione ha respinto il ricorso contro l’emissione della misura da parte del giudice del Tribunale di Milano

Resta confermata la sorveglianza speciale a carico del paganese 75enne P.S. , in passato organico alle organizzazioni criminali locali, tra cosche paganesi e gruppi nell’orbita della Nuova Famiglia. La Cassazione ha respinto il ricorso contro l’emissione della misura da parte del giudice del Tribunale di Milano.

La storia

La ragione risiede nella pericolosità sociale attribuita al personaggio, giustificata dai precedenti penali riportati dal condannato, «dal suo pregresso inserimento nella criminalità organizzata e da ultimo, prima della carcerazione, in formazione camorristica tuttora esistente e attiva nella provincia di Salerno, dall’andamento non del tutto soddisfacente dell’espiazione carceraria, come attestato dalla relazione di sintesi». In particolare, P.S. fu coinvolto in ultimo in un'indagine per possesso di armi da guerra individuate all’interno di un garage in una zona residenziale di Pagani, nel gennaio 2011, collegato al successivo filone contro una banda organizzata di rapinatori dediti ad assalti armati ai portavalori. Il legale difensore sosteneva l’assenza di pericolosità sociale, capovolta dal Tribunale di Sorveglianza, con l’avvallo della Cassazione. Per i giudici, P.S. ha una carriera criminale caratterizzata da illeciti numerosi, quali omicidio, tentato omicidio, sequestro di persona, soppressione di cadavere, partecipazione ad associazione a delinquere di stampo camorristico, con dedizione al crimine per un lungo arco temporale, interrotto solo dalla carcerazione. Ancora, non risulta per lui alcuna pregressa attività lavorativa, con una costante collocazione al di fuori della legalità, con frequentazione di pregiudicati, con mancata ammissione a benefici penitenziari, per dimostrare il mancato raggiungimento di risultati positivi e affidabili. Fino al novembre 2016, ultimo periodo di detenzione, «l’atteggiamento di riprovazione e sensi di colpa per i crimini commessi non tradotti in aperta dissociazione dell’esperienza associativa, con manifestazione di insofferenza e intemperanze, caratterizzate da toni minacciosi e polemici durante l’ultimo periodo detentivo, che seppur legati a disagio e depressione, non possono essere ignorati». I giudici del Tribunale hanno ravvisato mancato superamento di logiche criminali e superamento di logiche criminali e pericolosità sussistente, senza ripudiare mai chiaramente la partecipazione. «L’ordinanza non solo evidenzia la gravità dei fatti commessa da P.S. , ma considera i comportamenti successivi ai fatti e la condotta carceraria - scrive la Cassazione -, esprimendo un giudizio discrezionale e giustificato, non contraddetto dal ricorso, che segnala l’età di P.S. , considerata in sé, senza che possa illuminare sulla previsione dei suoi comportamenti futuri».

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