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Cronaca

“Social network pericolosi per la privacy”, lo studio dell'università di Salerno

Il report "Privacy, trasparenza e sicurezza nell’era digitale", che sarà presentato a Roma, evidenzia come per il 91% degli intervistati i social network siano un pericolo per la privacy

“Privacy, trasparenza e sicurezza nell’era digitale” è il report che sarà presentato giovedì 6 giugno alle 16 a Roma presso l'università Europea: il lavoro è stato realizzato da Salvatore Sica e Giovanni Maria Riccio, docenti dell'università di Salerno, grazie ad un finanziamento di Google. Lo studio raccoglie seicento questionari distribuiti agli studenti di sei facoltà dell'ateneo di Salerno, relativamente al rapporto con la privacy on line. Secondo quanto emerso dai questionari il 91% degli intervistati si dichiara preoccupato per il modo in cui i propri dati personali sono raccolti e per il trattamento on line, indicando nei social network il pericolo più grande per la privacy.

Se però 9 intervistati su 10 si dichiarano preoccupati in tal senso, il 59% degli studenti intervistati hanno dichiarato che "cedere informazioni personali per ottenere servizi gratuiti non costituisce un problema". Il 75% si dichiara inoltre poco o per nulla preoccupato dal fatto che un sito Internet possa raccogliere informazioni statistiche sugli accessi; il 72% non manifesta particolari apprensioni legate alla prassi dei motori di ricerca di registrare le ricerche degli utenti; il 71%, infine, non è contrario al ricevere offerte commerciali collegate alle ricerche effettuate sul web. Per tanti la password non è strettamente personale: il 53% degli intervistati la condivide con familiari o partner. I tablet sono lo strumento a cui ricorrono maggiormente gli studenti per l’accesso alla rete: 51%, contro il 37% che usa pc personale e il 12% che usa pc pubblici. Per quanto riguarda la protezione della privacy, il 90% degli intervistati è risultato consapevole delle possibilità di modificare le impostazioni di social network e motori di ricerca, il 60% le ha effettivamente modificate.

Sulla base dei dati raccolti, la ricerca dei docenti Sica e Riccio propone di incentivare la privacy by design, ossia quelle forme di tutela integrate nei sistemi informatici e modificabili da parte degli utenti. In questo modo, si può garantire una tutela preventiva e non rimediale e prevedere che le impostazioni dei servizi offerti via internet sia determinata di default, assicurando la massima protezione della privacy degli utenti. Il filo rosso che guida lo studio parte dall’idea che non possa esservi privacy senza security. I dati raccolti dimostrano che i giovani non temono la condivisione delle proprie informazioni personali, tuttavia chiedono che queste informazioni siano sicure. Per questo lo studio dei due docenti salernitani suggerisce che occorre implementare meccanismi di sicurezza, estendendo quelle che, allo stato, appaiono le best practices adottate dalle imprese del settore: si pensi, ad esempio, al sistema di 2-step verification che consente di tutelare l’accesso a social network e caselle di posta elettronica anche in caso di tentativi di accesso informatico o di furto di password.

Per questo motivo, la ricerca propone l’alleggerimento degli oneri privacy per le imprese e di rendere alcune informazioni agli utenti – a partire dalle privacy policy – più facilmente fruibili. È dimostrato, infatti, che il 71% degli utenti non legge la modulistica privacy e che il 62% non comprende il significato dei documenti. La predisposizione della documentazione privacy, quindi, finisce col tutelare le imprese da possibili sanzioni e non, come negli intenti del legislatore, a rendere effettivamente edotti gli utenti su come verranno utilizzati i dati personali raccolti.

Al workshop prenderanno parte la dottoressa Augusta Iannini (vicepresidente Autorità garante per i dati personali), Fabiano Lazzarini (direttore generale IAB Italia) e i professori Salvatore Sica, Giovanni Maria Riccio e Andrea Stazi.

 

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