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Cronaca Pagani

Rapine ai portavalori in provincia: i retroscena nelle carte della Dda

Le nuove carte depositate dall'Antimafia al tribunale di Nocera Inferiore, con il processo alle battute finali sulla disponibilità di armi per un gruppo di paganesi

Due colpi in preparazione e pronti per essere consumati: il primo obiettivo era un furgone diretto all'ufficio delle poste a Baronissi e l'altro, in viaggio in alcuni dei comuni della Valle dell'Irno. Circostanze note e ora pubbliche a seguito del deposito di un'informativa, precedente al giorno di Natale, per mano del sostituto procuratore della Dda, Vincenzo Montemurro, al tribunale di Nocera Inferiore. Sullo sfondo l'inchiesta "Fabbro", che ruota sulle attività di un presunto gruppo di Pagani dedito alle rapine, i cui componenti sono accusati di detenzione di armi e associazione a delinquere. Il processo è alle battute finali, con gli ultimi testi da sentire. In precedenza, davanti al giudice erano stati ascoltati alcuni carabinieri del Ros di Roma. Nell'informativa in questione vengono ripresi dei dialoghi captati in ambientale tra alcuni degli imputati, relativi a quello che sarebbe dovuto essere il primo colpo. Lo scenario che viene immaginato per bloccare il blindato è da film: «Hai capito - parla Gaetano Ceglia, imputato - ti fai la resa di fuoco, e chi la tocca, quello non capisce. Quello spostano le macchine incendiate? Ma tu stai bene?». Siamo nei pressi del parco "Sonia", a Pagani, come si legge negli atti. Il 9 gennaio del 2012. E' il luogo dove si sarebbe discusso del colpo. Nello specifico, a casa di Pietro Sassolino (già condannato in precedenza per la contestazione relativa sempre alla disponibilità di armi). 

Da quell'appartamento dopo un pò - annotano i carabinieri del Ros - escono tre automobili. In una c'è Enrico Laierno (il presunto rapinatore attualmente sotto processo anche per il tentativo di rapina ai danni di un portavalori a Pagani, alla fine del 2014), Gaetano Ceglia e Mario Di Maio. Poi c'è una Fiat Multipla con due persone e una Fiat 500, guidata da un altro soggetto. A quel "summit", sarebbero stati presenti anche Antonio Cascone, Alfonso Manzo, imputati insieme a Mario Zottoli. A seguire Alfredo Cuozzo e Vincenzo Erra (le loro posizioni furono giudicate con stralcio). Trascorre un giorno e l'attenzione degli inquirenti si sposta a Battipaglia, dove uno degli imputati - sempre in ambientale - riferisce che «la sera dopo non ci sarà». A distanza di poche ore, tornando indietro negli anni, si registerà il blitz dei carabinieri nel garage di Sassolino, dove fu scoperta un ingente quantitativo di armi. Anche stavolta, ritornano le ambientali, con uno degli imputati che pare essere preoccupato: «Ci hanno trovato qualcosa nel garage». Un secondo invece, ritenuto fornitore di armi da guerra, come gli Ak 47, pare condividerne i timori: «Il chiattone stava pieno di armi addosso, una parola sbagliata e succede un patatrac». All'epoca, gli inquirenti sequestrarono anche un foglio con sopra indicazioni relative all'acquisto di cartucce, automobili, schede per cellulari e tracce dell'affitto di una villa. Forse da utilizzare come base. Gli imputati, quasi tutti di Pagani, furono arrestati nel 2012. Sarebbero stati pronti a colpire anche a Baronissi: l'obiettivo era un furgone portavalori dell'Ipervigile. Alcuni dei componenti di quella presunta batteria sono stati già giudicati con riti alternativi. Altri, invece, attendono la pronuncia in primo grado. Stando alle accuse, gli imputati individuati dall'Antimafia avevano come attività principale proprio le rapine, definite “forme di auto finanziamento” a favore del clan di camorra riconducibile all’allora latitante Francesco Matrone. Accuse, quest'ultime, tutte cadute anni fa in Appello a Salerno.

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