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Venerdì, 19 Aprile 2024
Cronaca

No Crescent e Italia Nostra inviano un dossier sui rischi idrogeologici del Fusandola

Gli ambientalisti: "Abbiamo integrato il dossier con lo studio del professor Franco Ortolani, ordinario di geologia all’Università Federico II di Napoli, sui rischi connessi alla deviazione del Fusandola"

Italia Nostra e No Crescent hanno inviato il dossier Fusandola alla Struttura Governativa di Missione contro il dissesto idrogeologico, puntando i riflettori sui rischi cui incorrerebbe l'area di Santa Teresa. "Abbiamo integrato il dossier con lo studio del professor Franco Ortolani, ordinario di geologia all’Università Federico II di Napoli, sui rischi connessi alla deviazione del Fusandola. - spiegano gli ambientalisti - Nello studio del professor Ortolani si legge che l'’area del Fusandola si è sviluppata dopo il 1954 (anno dell’alluvione), con interventi di abusivismo ambientale rispetto alle leggi della natura. Uno di questi interventi inquadrabili tra gli abusi ambientali è rappresentato dalla deviazione del tratto coperto terminale del torrente Fusandola. Tale deviazione, continua il professore Ortolani, è stata realizzata per costruire l’edificio Crescent e la disinvolta deviazione non ha certo rappresentato un miglioramento idraulico del corso d’acqua che potrebbe essere nuovamente interessato da fenomeni simili a quelli del ‘54”.

Secondo il professore: “La deviazione è stata attuata come se si trattasse di un gioco e rappresenta un aggravamento della situazione. La dimensione del bacino del Fusandola è simile a quella del rio Ferreggiano di Genova che ha causato esondazioni con vittime nel 2011 e nel 2014”. Nell’articolato studio ancora si legge: “Si sottolinea la pericolosità della cascata realizzata lungo l’alveo del Fusandola qualora nel torrente si dovessero incanalare veloci flussi fangoso (detritici che trasformerebbero il salto)  come verificatosi a monte di Scaletta Zanglea Marina, nel messinese, nell’ottobre 2009 – in una rampa di lancio con rovinosa ricaduta sugli edifici sottostanti. Nel bacino idrografico ampio circa 200 ettari impostato su rocce carbonatiche coperte da sedimenti sciolti di origine piroclastica che alimentarono decine di flussi fangoso-detritici non sono stati effettuati interventi di stabilizzazione della coltre amovibile e liquefacibile. Il bacino è nello stesso stato in cui si trovava nel ‘54”, aggiunge il professore Ortolani.

E Alberto Alfinito, geologo delle associazioni che si battono contro il Crescent, osserva: “il rischio di colata di fango negli anni si è aggravato in quanto le opere all’epoca eseguite dal Genio Civile hanno urgente bisogno di manutenzione straordinaria, attività mai fatta negli ultimi sessant’anni, quelle opere oggi hanno del tutto perduto la loro funzionalità. Tante volte abbiamo sostenuto a voce alta che la doppia deviazione ad angolo retto del torrente e la cementificazione alla foce, è opera scellerata in quanto ripete tutti gli errori fatti a Genova con gli intubamenti dei torrenti che causano disastri con frequenza quasi annuale”.  La soluzione, secondo gli ambientalisti, è, dunque, la rinaturalizzazione del torrente nel tratto tombato con l’eliminazione della deviazione abusiva che ha determinato un cambio di pendenze, per effetto delle quali la foce risulta sistematicamente occlusa.  

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