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Cronaca

Salerno Capitale in campo per recuperare il sommergibile Velella

Pellegrino e Avallone sostengono che in città non esisterebbe "un vero e proprio museo dello sbarco, ma soltanto una mostra permanente". Tuttavia il Museo dello Sbarco è operativo da più 3 anni in via Clark ed ha avuto ben 120 mila visitatori

Far riemergere il sommergibile Velella. E’ questa l’iniziativa di Vincenzo Pellegrino ed Angelo Avallone. fondatori dell’associazione Salerno Capitale, i quali hanno avviato da mesi una campagna di sensibilizzazione avente ad oggetto le peculiarità storico-culturali di Salerno e della sua provincia. E questo perché per loro sarebbe impensabile rispettare il territorio senza un substrato culturale che l’associazione, seguita da centinaia di utenti, si prefigge di fornire.  Ma questa loro iniziativa prescinde dal capoluogo di provincia ed è quanto mai utopistica. E riguarda il sommergibile Velella, il sommergibile del Regio Esercito che detiene il triste primato di essere stato l’ultimo sommergibile italiano perduto nella guerra contro gli Alleati: il Velella fu silurato dal sommergibile britannico Shakespeare al largo di Punta Licosa. Tutto l’equipaggio, il comandante Patané, 5 altri ufficiali e 44 fra sottufficiali e marinai, scomparve con il sommergibile. Nel corso degli anni vani sono stati i tentativi di farlo riemergere.  “E’ una operazione utopistica, ma noi ci crediamo – affermano Pellegrino ed Avallone-  E’ a 8,9 miglia da Punta Licosa, a circa 138 metri di profondità: al suo interno giacciono ancora i corpi dei soldati morti per la nostra patria. E’ giunto il momento di andarlo a ripescare. L’Italia si vanta di avere grossi mezzi militari in grado di recuperare relitti a più di 300 metri di profondità, pensiamo ad esempio alla nave Anteo, dotata di un minisommergibile attrezzato a questi scopi: il Velella è a soli 138 metri. Forse le reali motivazioni sono altre. Il Velella fu silurato ad armistizio già firmato, forse la paura è quella di ritrovare carte di bordo “scomode”. Sta di fatto che, a più di 70 anni di distanza, è incredibile come, malgrado le numerose iniziative, nessuno abbia accolto le istanze di chi vuole soltanto dare degna sepoltura ai propri caduti. E pensare che americani ed inglesi vengono ancora qui a ricercare i loro dispersi. Noi, che ce li abbiamo a 138 metri di profondità, non muoviamo un dito”. Ma ancora: “Il recupero del Velella potrebbe essere il momento propizio per l’apertura di una mostra permanente sull’operazione alleata, si potrebbe esporre il sommergibile o quel che ne resta. Si potrebbe, una volta e per tutte, realizzare quell’opera di informazione cui auspichiamo. Noi ci proveremo. Coinvolgendo tutte le forze politiche e tutti gli organi necessari. E’ un dovere morale, ce lo chiede chi è, ancora oggi dopo più di 70 anni, a poche miglia dalla costa in attesa di una degna sepoltura”.

Secondo Pellegrino e Avallone, ad ogni modo, Salerno sarebbe "silente in merito all’Operazione Avalanche" e non esisterebbe "un vero e proprio museo dello sbarco, ma soltanto una mostra permanente in città, quella presente presso la cappella di San Ludovico, nell’Archivio di Stato". Tuttavia  il Museo dello Sbarco e Salerno Capitale esiste da circa 3 anni e mezzo in via Clark ed ha avuto ben 120 mila visitatori, svolgendo quotidianamente e con passione innumerevoli attività e proponendo eventi che hanno permesso di puntare i riflettori sulla storia del nostro territorio, oltrepassando i confini nazionali. Ultime, tra le sue prestigiose visite, in particolare, quelle dei due consoli Usa e di Antimo Cesaro, sottosegretario ai Beni culturali e al Turismo. Tutto è documentato anche sulla pagina Facebook del Museo curata dal giornalista Eduardo Scotti, anima del Museo dello Sbarco di Salerno.

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