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Mercoledì, 24 Aprile 2024
Cronaca

Cacciati dalla palestra, insultano proprietario su Facebook: condannati 2 salernitani

Due fratelli di origine salernitana, il 39enne V.C. e il 27enne R.C, sono stati condannati ieri a sei mesi di reclusione (con sospensione della pena) per diffamazione nei confronti del titolare della palestra di Monte Belluna, in Veneto, "Dolce Vita"

Due fratelli di origine salernitana, il 39enne V.C. e il 27enne R.C, sono stati condannati ieri a sei mesi di reclusione (con sospensione della pena) per diffamazione nei confronti del titolare della palestra di Monte Belluna, in Veneto, "Dolce Vita". I due avevano sfogato la loro rabbia con diversi commenti, dopo essere stati espulsi dalla palestra.

La storia

La decisione di allontanarli sarebbe stata presa nel 2014 dalla direzione della "Dolce Vita" a causa del comportamento dei due fratelli, che si sarebbero mostrati arroganti con altri iscritti, in particolare prendendo di mira persone sovrappeso, o troppo magre. Alcuni dei frequentanti della palestra sarebbero invece stati denigratia causa del loro credo religioso.

I due salernitani non hanno però digerito l'espulsione. Così nel luglio del 2014 avrebbero avviato una campagna diffamatoria nei confronti del proprietario del centro fitness. "Ma gli istruttori che lavorano in quella palestra avevano tutti il brevetto e regolare contratto? Brutto con le orecchie a sventola, con una moglie che puoi facilmente trovare ubriaca a piedi nudi sui tavoli delle disco..." sono alcune delle frasi immortalate nel profilo Facebook del 27enne, mentre il fratello più anziano scrisse: "Ok topo gigio della palestra "Dolce M..." mi hai rimborsato i soldi dell'abbonamento ma i patti erano altri, avevo chiesto la fattura...lavati la bocca cornuto, cambia taglio di capelli che sembri un topo, saluti a te e al tuo amico obeso. Pensa a parlare di meno e a limarti le corna". Insulti che, insieme ad altre ingiurie postate sulla pagina social della stessa palestra hanno spinto il titolare a sporgere querela per diffamazione. Il legale dei due aveva chiesto l'assoluzione, dato che non era stato identificato l'indirizzo ip da cui sarebbero partiti quei commenti.

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