rotate-mobile
Cronaca

"La droga al porto di Salerno dell'Isis? Un'idea bizzarra". L'intervista all'inviato Daniele Raineri

SalernoToday ha intervistato l'inviato del Foglio ed esperto di terrorismo, Daniele Raineri, sulla scoperta fatta a Salerno riguardo la "droga dell'Isis", il Captagon. Molti elementi, oggi, fanno pensare che dietro quel carico non ci sia lo Stato Islamico

Lo scorso 1 luglio, agenzie e giornali lanciavano la notizia di un enorme sequestro di anfetamine eseguito al porto di Salerno. Quattordici tonnellate, pari a 84 milioni di pasticche, dal valore di circa 1 miliardo di euro, con il "logo Captagon". L'indagine e la conseguente scoperta, alla quale hanno lavorato la Guardia di Finanza di Napoli e gli 007 della Dogana, coordinati dalla procura partenopea, riconduceva il possesso di quel tipo di droga all'Isis, la nota organizzazione terroristica, conosciuta anche come "Stato Islamico". La notizia ha avuto un rilievo enorme, perchè secondo gli inquirenti, i due semicerchi presenti su ciascuna pasticca non rappresentavano altro che il simbolo dell'Isis. Il "captagon" viene "marcato" dai jihadisti, che lo distribuisce ai suoi "martiri" per non essere colti dalla paura e dalla fatica durante attentati, guerriglie urbane o rivolte. Le informazioni scorrono veloci: quelle stesse pasticche erano state trovate anche nel covo di una parte dei killer che assaltò il Bataclan, in Francia, nel 2015. Insomma, il sequestro di quella droga avrebbe tagliato o comunque contributo ad ostacolare eventuali finanziamenti per sostenere le battaglie del gruppo terroristico in giro per il mondo. Droga in cambio di soldi, per riorganizzare lo Stato Islamico

La droga per l'Europa

Le dichiarazioni e le riflessioni sulla notizia si sono moltiplicate velocemente, come avviene per operazioni di questa portata. Molti esponenti della classe politica italiana, a partire dal Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, si erano congratulati per il lavoro svolto dagli inquirenti, sottolineando come l'operazione avesse assestato "un duro colpo - aveva dichiarato il premier - al terrorismo internazionale e la dimostrazione che l'Italia mantiene sempre alta la guardia. Più specifico e anche più corretto, era stato invece il commento del Ministro dell'Interno, Luciana Lamorgese: "L'operazione antidroga che è stata effettuata nelle ultime ore ha mostrato il massimo livello di impegno nella lotta contro le reti criminali che si dedicano al commercio e alla vendita di stupefacenti". Molti altri giornali, nazionali e locali, si erano però già spinti oltre, con analisi e approfondimenti, premettendo che le indagini fossero ancora in corso - così come ribadito dagli inquirenti - ma nello stesso tempo ipotizzando rapporti con la criminalità organizzata, di trame criminali con la mafia del territorio e anche di una svolta dello stesso "Stato Islamico", impegnato in nuovi traffici come appunto quello della droga. Lo stupefacente era nascosto all'interno di tre container in arrivo al porto di Salerno, contenenti cilindri di carta per uso industriale e macchinari diretti a una società con sede in Svizzera, a Lugano, intestata a soggetti italiani

"Droga vera, falsi jihadisti"

Il 3 luglio scorso, così titolava invece Der Spiegel, la rivista settimanale tedesca con la maggior tiratura in Germania a proposito del grosso sequestro fatto a Salerno. A dispetto di quello che si leggeva su siti internet e giornali, la rivista aveva fatto una considerazione diversa, forte anche di una sua personale inchiesta, andando contro quanto sostenuto dai media in Italia e da grande parte di quelli nel resto del mondo. E cioè, che quella droga non è prodotta affatto dallo Stato Islamico, ma dal regime di Assad, in Siria. Insieme alla rivista tedesca, anche il giornalista e inviato all'estero de Il Foglio, Daniele Raineri, esperto tra l'altro di terrorismo internazionale, aveva lanciato più di una riflessione

Il "Captagon" e gli "affari" della famiglia Assad

Lo Stato Islamico, ad oggi, è quasi del tutto scomparso, grazie alle bombe americane - per la maggior parte - e all'azione degli stati alleati. Il suo leader spirituale, Baghdadi, è stato ucciso in un raid americano nella notte tra il 26 e il 27 ottobre del 2019. I combattenti, quei pochi rimasti, sono nelle prigioni curde o irachene, o sparsi tra Siria e Iraq, in mezzo al deserto. Lontani da gran parte delle città, oltre che dai porti, rappresentano ancora una minaccia ma non della portata di anni fa. L'analisi dello Spiegel cita e ricorda i precedenti sequestri di Captagon fatti nell'ultimo anno, che hanno sempre un comune denominatore: il territorio di partenza. Il porto di Latakia, in Siria. Se si torna ancora più indietro - come ricorda invece il Foglio - ci sono anche i 37 milioni di pasticche sequestrati nel porto di Genova su una nave proveniente dall’India. Anche in quell'occasione si associò la scoperta alle trame dello Stato Islamico. Per quanto Isis e India fossero, nella realtà dei fatti, molto distanti in termini pratici. Secondo l'inchiesta di Spiegel, invece, la produzione e spedizione di quel tipo di droga rientra da tempo tra le attività più redditizie della famiglia di Assad, in Siria. In giro, per la rete, si trovano diversi articoli sull'argomento, compresa l'inchiesta della rivista tedesca che entra nel dettaglio del giro e delle persone che vi sarebbero dietro. Coperte, in questo caso, dal governo siriano. Il giornale tedesco riferiva anche, citando i nomi di chi aveva partecipato al maxi sequestro, che gli inquirenti, ad oggi, hanno elementi non sufficientemente forti per collegare quel carico al gruppo jihadista.

Cosa c'entra l'Isis?

La domanda dunque sorge spontanea: lo Stato Islamico è il mittente di quel grosso carico di droga sequestrato a Salerno? Se anche si può ipotizzare che le pasticche fossero destinate all'Europa, ad oggi risulta difficile immaginare che sia proprio l'Isis a rivestire gli abiti di un regista oscuro e non meglio individuato. L'analisi di Daniele Raineri sul Foglio, in tal senso, ci induce a ragionare su più temi. "E' una scelta deliberata per non dire nulla di male a proposito di Assad e Hezbollah? Che cosa stavano pensando le autorità italiane quando hanno detto che il Captagon è stato prodotto dallo Stato islamico? E’ perché - si legge nell'articolo del Foglio - non sono a conoscenza dei fatti?". Anche il collegamento con il Bataclan non regge, perchè come ricorda il ricercatore francese Laurent Laniel - come sempre il Foglio riporta - che ha studiato l’argomento, le autopsie effettuate sui corpi degli attentatori avevano provato che non avevano assunto nè alcolici nè tantomeno droghe.

SalernoToday ha voluto contattare in prima persona il giornalista del Foglio, Daniele Raineri, per fargli alcune domande sull'argomento, oltre che sulla situazione attuale che vive Isis in Medioriente

  1. Daniele, la notizia del maxi sequestro di 84 milioni di pasticche di "Captagon" al porto di Salerno, di qualche giorno fa, ha fatto il giro del mondo. Gli inquirenti sostengono in via ufficiale che quella sia la droga dell'Isis. La tua analisi sul Foglio va nel senso opposto, invece. Che idea ti sei fatto?

Non è un'idea soltanto mia, molti giornalisti, analisti e ricercatori hanno reagito con incredulità alla notizia che quel traffico di droga fosse in mano allo Stato islamico. E questo per una ragione semplice, ci sono molti precedenti a carico di un’altra organizzazione, che lavora in Siria con l’appoggio e la protezione delle autorità locali, quindi il regime del presidente Assad. Negli ultimi mesi ci sono stati altri sequestri molto importanti di captagon in giro per Europa e Medio Oriente e tutto porta verso quell’organizzazione. Due navi a Dubai, l’ultima a febbraio, con più di cinque tonnellate di pasticche. Una in Grecia lo scorso luglio con più di cinque tonnellate di pasticche. Due carichi in Arabia Saudita ad aprile, per un totale di quasi cinquanta milioni di pasticche. E due settimane fa i trafficanti avevano fatto arrivare al porto di Salerno un carico di prova con lo stesso metodo: tre tonnellate di hashish e un milione di pasticche di “Captagon”. Venerdì anche lo Spiegel tedesco ha pubblicato un articolo che mette in dubbio la versione della droga dell’Isis. Il titolo è: “Droga vera, jihadisti finti”. Mi sembra una buona interpretazione.

2. Come hai sostenuto più volte, lo "Stato Islamico" è quasi scomparso del tutto, ad eccezione di qualche cellula e della sparuta presenza di combattenti divisi tra i deserti di Siria e Iraq. Più volte sei stato in quei territori per raccontare la realtà di quei luoghi e lo stato di salute dell'Isis, oltre che la sua influenza sulle popolazioni locali. Può un gruppo terroristico, ridotto in queste condizioni, avere la forza oggi di spostare o di commerciare quelle quantità di droga? 

Lo Stato islamico in Siria è ancora molto pericoloso, agisce grazie a molte cellule clandestine che fanno una guerriglia permanente contro i curdi e contro Assad, le due forze che governano il paese. Ma non hanno più il controllo del territorio. Si nascondono in aree desertiche oppure tengono un profilo bassissimo nelle città. Escono di notte a uccidere, mettono trappole esplosive, fanno questo genere di operazioni. L’idea che mettano in piedi una produzione industriale di pasticche di droga e che riescano a gestire il contrabbando – con tutte le complicazioni: la droga trovata a Salerno era nascosta benissimo dentro rulli di carta e macchinari – e facciano partire tutti i carichi dal porto di Latakia, che è la zona dall’altra parte del paese e dove Assad è più forte, è bizzarra. 

3. Nella tua analisi parli di Assad, dei traffici della sua famiglia, del gruppo Hezbollah. Nel pieno rispetto delle indagini, pensi faccia più effetto collegare quella droga ad Isis piuttosto che ad altre organizzazioni? 

Senz’altro tirare dentro lo Stato islamico fa aumentare l’attenzione dei media, c’è un meccanismo rodato da anni, il terrorismo internazionale ovviamente ci colpisce di più che una semplice operazione di contrabbando di droga. E infatti la notizia ha fatto il giro del mondo, è stata ripresa da Cnn. Certo, viene anche da chiedersi perché lo Stato islamico che da anni cerca di colpire in Europa senza riuscirci, a parte azioni improvvisate di fanatici locali come in Francia che però non hanno che coltelli, portino dalla Siria all’Europa pasticche di droga invece che esplosivo e armi. 

4. La notizia del sequestro ci induce anche ad una riflessione su come la stampa e più nello specifico i giornali, riporta certe notizie. Al di là delle ovvie difficoltà di verificare certe informazioni, ritieni che i quotidiani, in questo caso, debbano impegnarsi a confutare maggiormente certe teorie? 

Non so cosa è successo in questo caso. Temo che tutti gli articoli degli anni scorsi sul Captagon che sarebbe “la droga dell’Isis” – ma gli esperti dicono che non è vero e in effetti nei paesi arabi è molto comune, ci sono milioni di consumatori – abbiano ormai stabilito questo nesso. E così quando si scopre un traffico di Captagon, dev’essere per forza lo Stato islamico. I giornali il giorno dopo riprendono il comunicato degli inquirenti, diventa un circolo che si autoalimenta.

Si parla di

In Evidenza

Potrebbe interessarti

"La droga al porto di Salerno dell'Isis? Un'idea bizzarra". L'intervista all'inviato Daniele Raineri

SalernoToday è in caricamento