"Mazzette" alla fallimentare, respinto arresto per Bennet e due professionisti: la vittima "è inattendibile"
Lo ha stabilito il Riesame, che ieri ha motivato le ragioni del rigetto, condividendo quanto già deciso dal gip in fase preliminare, nell'inchiesta "Zuppone", concentrata su di una serie di tentate concussioni nell'ambito di procedure fallimentari
L'appello che la Procura di Nocera Inferiore ha presentato per ottenere gli arresti domiciliari per Vincenzo Bennet, manager di Salerno Pulita e il carcere per un commercialista di Nocera Inferiore e un docente universitario - quali componenti della curatela fallimentare - è infondato. Lo ha stabilito il Riesame, che ieri ha motivato le ragioni del rigetto, condividendo quanto già deciso dal gip in fase preliminare, nell'inchiesta "Zuppone", concentrata su di una serie di tentate concussioni nell'ambito di procedure fallimentari. Il commercialista di Nocera risulta indagato anche in altri due episodi. Bennet è indagato nelle vesti di commercialista e consulente delle parti lese, un'azienda conserviera interessata all'acquisto di unità immobiliari di un'altra che aveva dichiarato fallimento
Le accuse
Era proprio dal fallimento di una società conserviera e dalla procedura di vendita di beni, aggiudicati da un'altra azienda, che era partita l'indagine. Fu l'imprenditore aggiudicatario a sporgere denuncia, registrando anche gli incontri con Vincenzo Bennet, il loro consulente finanziario e contabile. La denuncia fu presentata tra l'avvio della procedura di vendita e la fase di assegnazione delle unità immobiliari, nella quale la vittima spiegò come grazie all'intermediazione di Bennet, avesse ricevuto dalla curatela fallimentare, rappresentata dagli altri due indagati, del denaro per far cessare condotte ostruzionistiche per la fruizione del bene immobile acquisito nella procedura esecutiva. Tra queste, una "sequela di ricorsi, ritenuti pretestuosi" nei confronti dell'aggiudicatario, che miravano a costringere i legali dell'azienda ad elargire ai curatori fallimentari somme di denaro che sarebbero poi state spartite. Richieste partite da 50mila euro e lievitate fino a 130mila. La denuncia della vittima e la sua ricostruzione sono state però ritenute inverosimili e inattendibili, con carenze nell'ambito investigativo e di riscontri. Le stesse registrazioni acquisite di Bennet non chiariscono l'argomento di discussione, da slegare dal capo d'accusa oggetto d'indagine.
La valutazione del Gip
Per il giudice, già in fase preliminare, la tesi della Procura non risultava "sorretta da un’idonea piattaforma di gravità indiziaria per alcuno degli indagati per cui vi è richiesta di applicazione di misura cautelare», relegando ad almeno uno dei tre un comportamento "deontologicamente riprovevole" ma "privo di rilevanze penali". E ancora, «il materiale d’indagine non consente di ritenere la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza» in capo ai tre, in quanto, in primo luogo, emerge «l’intrinseca problematicità» delle dichiarazioni della parte lesa, «certamente genuine» ma «non decisive per ritenere la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza» tali da giustificare misure cautelari. Dall'ascolto delle intercettazioni, si evidenziava inoltre l'assenza assoluta di riscontri e l'insussistenza di rapporti telefonici tra indagati ritenuti come contatti professionali normali. «Non vi sono riferimenti a presunte richieste di denaro formulate alla vittima e né vi sono interlocuzioni sulla questione con Bennet. Nemmeno vi sono riferimenti alle richieste di denaro nelle conversazioni fra i curatori». Il gip aveva inoltre evidenziato l'assenza di rapporti tra Bennet e il docente universitario. Ques'tultimo, si comprendeva, che neanche conoscesse l'attuale manager di Salerno Pulita. Il Tribunale del Riesame ha condiviso integralmente l'ordinanza del gip, motivando i singoli passaggi dell'appello della Procura, in relazione all'assenza di elementi indiziari tali da giustificare una misura cautelare. L'inchiesta nel frattempo prosegue.