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Cronaca Scafati

Scafati, "Le dimissioni di Aliberti una strategia per evitare il carcere"

Durissime le ragioni dei giudici del Riesame, che hanno confermato il carcere per l'ex sindaco. Motivati i rapporti con il clan, "l'uso" del ruolo della moglie e quello di Facebook, con il quale proverebbe ancora ad influenzare gli scafatesi

Per il Riesame le dimissioni dalla carica di sindaco di Scafati Pasquale Aliberti sono "irrilevanti". Anzi, non sono altro che una "strategia diretta per incidere sulle scelte cautelari dell'autorità giudiziaria", invece del "frutto di una valutazione consapevole e meditata, finalizzata ad interrompere ogni coinvolgimento con la vita e l'attività politica del Comune di Scafati". Si sono così espressi  i giudici del Riesame, presidente Gaetano Sgroia, il giudice Giuliano Rulli e quello relatore, Dolores Zarone, nell'ordinanza che conferma il carcere - così come richiesto dall'Antimafia - per Pasquale Aliberti. Per i giudici, dunque, le dimissioni dell'ex primo cittadino sarebbero risultate essere solo un tentativo per evitare la galera. Sullo sfondo c'è l'inchiesta "Sarastra", con l'accusa in concorso di scambio elettorale politico-mafioso tra Aliberti e il clan Loreto-Ridosso. Con Gennaro e Luigi Ridosso, oltre che con Alfonso Loreto, l'ex sindaco avrebbe stretto un patto per le comunali del 2013 e le regionali del 2015 (sarà eletta la moglie, Monica Paolino). In cambio di appalti pubblici a favore di società controllate dal clan, oltre che di servizi e lavori, il sindaco avrebbe beneficiato dei voti della camorra. A fare da collegamento ed intermediario, ci sarebbe stato il fratello del sindaco, Aniello Aliberti

Dai post su Facebook ai sodali del clan

Il Riesame analizza in primis i ruoli processuali di Gennaro (domiciliari) e Luigi Ridosso (carcere). Seppur in carcere (per altro) da tempo, la loro influenza non ne avrebbe risentito, essendo presenti ancora soggetti liberi che hanno dimostrato di avere interessi con il clan, oltre che ad obbedirgli. Quel gruppo criminale disporrebbe infatti di un "variegato numero di collaboratori" pronti ad assecondare ogni loro richiesta. Lo dimostrano le reticenze dei testimoni ascoltati nelle fasi preliminari delle diverse inchieste. Gennaro Ridosso, pur detenuto dal 2015, incuterebbe ancora timore e soggezione "nel tessuto sociale di appartenenza". A riguardo si richiamano i contenuti delle indagini precedenti, alcune già davanti al gup, con i movimenti del clan ad imporsi a suon di estorsioni ed intimidazioni. Il Collegio entra poi nel merito delle accuse mosse dalla Dda all'ex sindaco Aliberti, che secondo testimoni sarebbe stato visto più volte in compagnia di esponenti del clan. Alcuni di questi, tre-quattro anni fa, anche uscire dalla sua stanza al comune. Per il Riesame, "Aliberti può ancora entrare in affari con la malavita organizzata per avvantaggiarla in cambio di favori politici, ovvero di attuare gli atti concordati in cambio dei voti ottenuti". Da qui, i giudici mettono ai raggi X il profilo istituzionale aperto dall'ex sindaco sul social Facebook

Grazie ai social, infatti, "continua ad interagire con la cittadinanza di Scafati, in modo da mantenere viva l'attenzione politica sulla sua figura ed a imprimere la convinzione della sua perdurante influenza nelle scelte politiche che interessano il governo della città". In quella "Grande Comunità che si confronta", Aliberti esprime opinioni "anche gravi" sull'operato della politica scafatese e della commissione straordinaria intervenuta dopo lo scioglimento. Circostanza che gli costerà una denuncia per diffamazione e calunnia. Per i giudici, Aliberti "continua a comportarsi come se ricoprisse ancora la carica di sindaco". 

Moglie e consigliere regionale

Con il ruolo svolto nel consiglio regionale da Monica Paolino, Aliberti può proprio "attraverso l'influenza politica della moglie, attuare accordi con clan camorristici in cambio di ulteriori favori politici. Secondo alcuni ex collaboratori politici di Aliberti - si legge nelle motivazioni - la candidatura di Paolino è il frutto di una scelta politica di Aliberti. A significare che la donna, del tutto inesperta di politica,è completamente manovrata nelle sue scelte e nel suo operato politico dal coniunge convivente". Molte le testimonianze richiamate dai giudici a supporto della tesi, che non viene tuttavia smentita dagli atti prodotti dalla difesa, in quanto "non mutano il dato che Aliberti possa utilizzare la moglie per attuare i patti politici che ha stretto con la criminalità, anche per favorirne l'elezione". 

I rapporti con la camorra 

I presunti collegamenti tra Aliberti e i clan di camorra vengono approfonditi dal Collegio con il richiamo di un incontro riservato in una villa, datato 22 maggio 2015, quindi a ridosso delle elezioni regionali. Il contenuto di quell'incontro è presente in uno stralcio di un'informativa inviata dalla Questura di Napoli. Il sindaco e il fratello, insieme allo staffista, partecipano ad un incontro con i fratelli Maurelli, convolti in un traffico internazionale di droga. Il fratello dell'ex primo cittadino spiegherà la genesi di quell'incontro, affermando che serviva a discutere di alcuni lavori privati, ma per il Riesame la sua versione è ricca di contraddizioni. E giunge a questa conclusione: "E' chiaro che la deposizione tradisce un diverso contenuto dell'incontro laddove: il riferimento a lavori edili, la segretezza dell'incontro (fissato in una casa privata dei Maurielli, dopo un primo incontro per strada, presso cui Nello Aliberti si reca con un'auto presa a noleggio) e l'approssimarsi della competizione elettorale lascia ragionevolmente ritenere che esso possa aver avuto ad oggetto una ricompensa, in termini di appalto di lavori edili, in cambio del veicolamento di voti, da parte del gruppo criminale, verso il candidato Monica Paolino"  

In sostanza, Aliberti "vuole dare all'esterno l'impressione di un uomo politico politico, che rifugge la camorra. Egli infatti vi entra in affari in modo cauto e segreto". A supporto della tesi, l'invito ai Ridosso a costituire una ditta da intestare ad un prestanome per avere l'appalto promesso. O dell'invito a candidare una persona che non abbia quel cognome. Il Riesame specifica di non contestare all'ex sindaco, infine, un rapporto o disponibilità sistematica con la camorra, ma di essere coinvolto "personalmente nelle competizioni elettorali, dove vuole vincere a tutti i costi, non facendosi scrupolo di entrare in personale rapporto con la camorra per stringerci accordi illeciti che è tenuto, poi, ad onorare". 

Deve quindi andare in carcere perchè il decorso del tempo lo "ravvicina sempre più alle prossime tornate elettorali, quelle previste a Scafati per il 2018". Inoltre, da casa, "può continuare ad influenzare le scelte della moglie Monica Paolino per ottenere l'appoggio della camorra ed onorane i patti già siglati in passato"

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