Estorsione e racket in nome dei clan, Riesame rigetta ricorso per otto indagati
Sullo sfondo episodi di estorsione, tra il 2014 e il 2019, ai danni di attività commerciali e atti minatori verificatisi sui territori scafatesi e vesuviani.
Ricorso rigettato, restano in carcere a Secondigliano gli altri sette indagati nel blitz sulle estorsioni agli imprenditori di Scafati e del Vesuviano nel nome del clan di Franco Matrone. Così hanno deciso i giudici del Tribunale del Riesame di Salerno
L'indagine
Sullo sfondo episodi di estorsione, tra il 2014 e il 2019, ai danni di attività commerciali e atti minatori verificatisi sui territori scafatesi e vesuviani. Per il sostituto procuratore della Dda, Giancarlo Russo, il gruppo - furono 21 le misure cautelari - avrebbero imposto servizi e slot ad imprenditori titolari di esercizi commerciali e quando qualcuno “osava” rifiutarsi non esitavano a minacciarlicon armi da guerra forti dell’appartenenza ai clan di Scafati e di Castellammare di Stabia, Matrone, Loreto-Ridosso e Cesarano. Nella prima fase, la concorrenza dell’accaparramento delle fonti di lucro nei settori economici di interesse era stato terreno di scontro tra il gruppo criminale con a capo G.B., genero di Franchino Matrone che nel Roxy Bar avrebbe gestito tutti gli affari, il clan Loreto-Ridosso e quello stabiese dei Cesarano. Scontro che si è sviluppato in reciproci attentati, tra cui gli spari all’indirizzo della casa di G.B. - mai denunciato ma oggetto di acquisizioni nel corso di intercettazioni ambientali eseguite successivamente -. L’iniziale conflittualità avrebbe subito un sostanziale affievolimento tanto da ricondurre all’evoluzione gli assetti di vertice in seno al clan Cesarano