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Cronaca Scafati

Scafati, morì insieme ai suoi gemellini: "Gli errori furono dei medici"

I consulenti del giudice monocratico Raffaella Caccavale del Tribunale di Nocera Inferiore, coordinati dal professore Antonello Crisci, hanno riferito in aula che la morte della donna fu causata dall’operato sbagliato di anestesisti ed equipe medica

Per il decesso della giovane angrese Maria Rosaria Ferraioli e dei suoi due gemellini, avvenuta nell’aprile del 2011 in una sala operatoria dell’ospedale “Mauro Scarlato” di Scafati, i consulenti del giudice monocratico Raffaella Caccavale del Tribunale di Nocera Inferiore, coordinati dal professore Antonello Crisci, hanno riferito che la morte della donna fu causata dall’operato sbagliato di anestesisti ed equipe medica. Gli stessi hanno giudicato “discutibili” anche le cure dello stesso ginecologo che aveva in cura la donna prima del ricovero. Il resoconto sulla perizia chiude, in buona sostanza, la fase del dibattimento per i cinque imputati. Il 24 gennaio, infatti, è prevista la requisitoria della Procura e le arringhe di difesa e parti civili, poi la sentenza di primo grado calendarizzata entro la prima decade di febbraio. La donna morì dopo aver partorito due gemellini, a causa di un ascesso divenuto fatale. L'indagine fu coordinata dal sostituto procuratore Elena Guarino. Le indagini partirono con la ricostruzione dell’iter medico clinico della donna, con i primi controlli di routine effettuati dal ginecologo di fiducia, fino alle ultime ore di agonia, col prematuro decesso di Maria Rosaria e dei suoi gemelli. Tra i ruoli dei cinque medici, fu approfondito per primo quello del ginecologo privato, che, secondo l’accusa, “a fronte di una paziente che accusava un ascesso alla radice della coscia destra, non effettuava tempestivamente corretta e tempestiva terapia antibotica per via intramuscolo, sottovalutando il rischio di infezione”, prescrivendo una pomata e impacchi di camomilla. 

Dopo due giorni di terapia, il dolore non accennò a diminuire, e la donna rappresentò il persistere della tumefazione, prima di recarsi in ospedale su consiglio dello stesso medico, che avrebbe omesso di indicare la necessità di una struttura con terapia intensiva neonatale. A Scafati, il chirurgò praticò alla vittima un'incisione chirurgica con successivo drenaggio. L’intervento fu effettuato dopo un informale consulto telefonico col ginecologo di turno, senza però i controlli ginecologici alla paziente, col successivo trasferimento in una struttura ospedaliera per il trattamento dei nascituri prematuri. Il ginecologo, tra gli imputati, nonostante il pronto soccorso avesse chiesto una consulenza, non avrebbe ritenuto necessario effettuare ecografie o altri esami per monitorare lo stato di salute dei feti. La situazione precipitò tra il 24 e il 25 aprile, quando Maria Rosaria iniziò a sentirsi male. All’alba del 24 la donna era con sua madre, quando venne disposto un intervento d’urgenza per uno shock settico, in presenza di due anestesisti, un chirurgo e un ginecologo. In quel frangente l’accusa ipotizza che i quattro, piuttosto che effettuare un rituale taglio cesareo per favorire la nascita dei gemelli, persero tempo prezioso. E quando lo effettuarono, era già tardi. Dopo la morte, secondo i pm, fu falsificata anche la cartella clinica. 

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