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Cronaca Padula

Traffico organizzato di rifiuti e inquinamento ambientale: sette arresti nel Vallo di Diano

Le attività d’indagine coordinate dalla DDA, condotte dal Nucleo Investigativo di Salerno e dalla Compagnia Carabinieri di Sala Consilina, costituiscono un autonomo filone dell’inchiesta denominata “febbre dell’oro nero"

Alle prime luci dell'alba, i carabinieri di Salerno hanno fatto eseguire l'ordinanza di custodia cautealare emessa dal Gip del Tribunale di Potenza su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia nei confronti di 7 persone del Vallo di Diano, di cui una in carcere e cinque ai domiciliari ed una sottoposta all'obbligo di dimora. L'accusa è di traffico organizzato di rifiuti e inquinamento ambientale. In carcere Luigi Cardiello detto Re Mida e già con numerosi precedenti in materia ambientale tra gli anni '90 e l'inizio del 2000. A finire nei guai, oltre Cardiello, G.C., G.C., P.Q., S.N., F.P. e R.P.

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Traffico di rifiuti nel Vallo di Diano: sette arresti

Le attività d’indagine coordinate dalla DDA, condotte dal Nucleo Investigativo di Salerno e dalla Compagnia Carabinieri di Sala Consilina, costituiscono un autonomo filone dell’inchiesta denominata “febbre dell’oro nero – relativa ad un vasto contrabbando di idrocarburi – nel corso delle cui captazioni era emerso in forma assolutamente chiara l’impegno di Raffaele Diana, già coimputato assieme a Cardiello nelle indagini sopra richiamate (Re Mida e Cassiopea), di agevolare l’ex compagno d’affari nella ricerca di nuovi siti di illecito stoccaggio e sversamento per rifiuti pericolosi, frutto di lavorazione industriale. Sebbene, con riguardo a questa specifica contestazione di traffico organizzato di Rifiuti e Inquinamento ambientale a carico di Diana (tratto oggi in arresto per altri gravi delitti connessi al citato traffico di idrocarburi), non siano stati, poi, acquisiti gravi indizi di colpevolezza, gli iniziali accordi tra l'uomo e Cardiello hanno consentito di aprire un nuovo fronte di indagine nei confronti dell’ex Re Mida, ritenuto, sia per capacità che per rilievo criminale, certamente in grado di gestire una nuova organizzazione completamente autonoma nel traffico di rifiuti, con proiezioni verso territori sino ad ora inesplorati dalle organizzazioni criminali operanti nel settore. Da subito, infatti, è emersa l’esigenza di Cardiello di individuare nell’area del Vallo di Diano ed in quelle limitrofe della Basilicata e della Puglia nuovi terreni che non dessero adito a particolari sospetti e che fossero ben collegati con gli assi viari principali, per facilitare le operazioni di trasporto. Grazie agli accertamenti, sono emersi comportamenti illeciti riconducibili alle lavorazioni della società “PRA. CAL” di Polla, operante nel settore del ferro e dell’alluminio e della società “Betonval” di Sant’Arsenio del settore del cemento, le quali si sono rivolte all’organizzazione criminosa facente capo a Cardiello per uniche finalità di profitto, volte al considerevole risparmio dei costi aziendali rispetto allo smaltimento legale dei rifiuti prodotti. L’organizzazione delittuosa è risultata particolarmente pericolosa per avere piena disponibilità di terreni di proprietà degli indagati, i cui fondi sono stati trasformati in discariche – costituite per la maggior parte da liquami composti da acidi – dannosissime per le ripercussioni sull’ambiente e con alterazioni incalcolabili (e forse irreparabili) per l’eco-sistema. L’orizzonte investigativo è stato necessariamente contratto in ragione delle preminenti esigenze di salvaguardia del territorio (da qui il nome Shamar dato dalla PG all’operazione – paroin ebraica il cui significato può tradursi in custodire gelosamente, tenere caro, ritenere prezioso).

I dettagli

L’indagine ha avuto il compito d’impedire che i continui sversamenti trasformassero il Vallo di Diano nella nuova “terra dei fuochi a disposizione della criminalità organizzata campana. Nell’ottobre 2019, sono stati cosi intercettati e sequestrati 18mila litri di solventi chimici pronti allo sversamento nel Comune di Atena Lucana. La pericolosità di tali rifiuti era ben nota agli indagati, uno dei quali, addirittura, se ne lamentava al telefono con i propri complici facendo riferimento al fatto che il liquido trasportato aveva corroso la vernice del proprio veicolo. Le successive operazioni di scavo, campionatura ed analisi svolte assieme all’Arpac hanno quindi permesso di certificare come il terreno fosse stato avvelenato da precedenti sversamenti. Situazione già peraltro ben evidente dalle fotografie aeree eseguite con droni, le quali palesavano nei terreni oggetto di sversamento chiazze colorate che hanno poi guidato con successo le operazioni dell’Arpac, i cui esami evidenziavano la presenza di rifiuti speciali pericolosi rientranti nella categoria “HP 14 Ecotossico”. Quanto rilevato oggettivamente dalle investigazioni svolte, assume connotati di drammatica importanza nella misura in cui il territorio interessato è qualificato area naturale protetta, essendo parte della Riserva Naturale Foce Sele – Tanagro. In tal modo, si è quindi impedito che l’organizzazione allargasse il proprio raggio d’azione ad altri siti, in parte già individuati nel Comune di Tursi e in parte oggetto di una pianificata espansione ancora a livello embrionale nella provincia di Foggia. Solidi riscontri al quadro probatorio già delineato sono arrivati dalle dichiarazioni fornite da uno dei complici non inserito nei destinatari di misura cautelare ed altrettanti se ne prevedono dalle successive attività di scavo che la Dda intende avviare nei prossimi giorni.

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