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Cultura

Santa Maria de Domno: il libro sulla storica chiesa salernitana scritto da Barbara Visentin

Nota- Questo comunicato è stato pubblicato integralmente come contributo esterno. Questo contenuto non è pertanto un articolo prodotto dalla redazione di SalernoToday

"Spazi urbani, signorie monastiche e minoranze etniche nel Mezzogiorno medievale. La chiesa di Santa Maria de Domno a Salerno". E’ il titolo del nuovo libro di Barbara Visentin, dottoressa di ricerca in Storia dell’Europa mediterranea dall’antichità all’età contemporanea, pubblicato per la collana “Lo stellato”, la nuova collana di testi e studi storici della Società salernitana di storia patria, per i tipi di Francesco D’Amato Editore.

Il libro sarà presentato domani (martedì 8 giugno), alle ore 18.30, sui gradoni di Santa Maria de Lama nel centro storico di Salerno. Sono previsti i saluti di Giuseppe Cacciatore, presidente della Società salernitana di storia patria; di Antonia Willburger, assessore alla Cultura del Comune di Salerno; Enrico Andria, console Touring club italiano; don Michele Petruzzelli, abate della Badia di Cava de’ Tirreni. Ne discuterà con l’autrice Claudio Azzara dell’Università degli studi di Salerno.

La presentazione è stata organizzata all’aperto nel rispetto delle norme anti covid: distanziamento dei partecipanti e obbligo della mascherina.

Sinossi

Santa Maria de Domno, fondata nel 989 dalla nuova dinastia principesca di Salerno, è la chiesa del Principe, destinataria di cospicue donazioni e specchio di una mentalità nuova, che esprime un’ideologia del potere nata dalla complessa sovrapposizione tra struttura amministrativa, legami personali e risvolti di natura economica. La nuova chiesa, segno tangibile del rinnovato equilibrio sociopolitico ed economico, costituisce il punto di contatto privilegiato tra cristiani ed ebrei, all’interno di uno spazio urbano che da città agraria si trasforma in città capitale del Principato: l’opulenta Salernum. Un circuito virtuoso nel quale presto si inserisce anche la neonata Congragazione cavense, assicurando la sopravvivenza della cappella alla sua gens fondatrice e a se stessa proficue relazioni politico-economiche, nel cuore di un mezzogiorno multietnico.

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