Gli allevamenti intensivi e i danni ambientali: Greenpeace scende in campo a Salerno contro "le offerte sconvenienti"
Secondo l'associazione, "invertire la rotta è possibile: Greenpeace chiede al governo di usare i fondi pubblici per accompagnare una transizione ecologica del settore, sostenendo economicamente le aziende che producono su piccola scala e gli allevatori che intendono uscire dal modello intensivo"
In campo, i volontari e le volontarie di Greenpeace che ieri sono entrati in azione a Salerno per chiedere di cambiare il nostro sistema di produzione di cibo e abbandonare il sistema degli allevamenti intensivi. Gruppi di volontari dell'associazione ambientalista hanno allestito dei punti informativi al supermercato Carrefour in Via Posidonia n°132 a Salerno con “carrelli parlanti” che mostravano le conseguenze ambientali e sanitarie della zootecnia intensiva, mentre dei finti spot promozionali invitavano a scoprire le “offerte sconvenienti” del sistema degli allevamenti intensivi.
Parla Simona Savini, campagna Agricoltura di Greenpeace Italia
“La produzione intensiva di carne è uno dei principali motori di deforestazione e perdita di biodiversità, due importanti fattori di rischio per il verificarsi di epidemie, perché possono favorire nuovi salti di specie (spillover) di virus e batteri dagli animali agli esseri umani.
Negli allevamenti intensivi, inoltre, tanti animali sono costretti a vivere in spazi ristretti: un ambiente ideale per il proliferare di agenti patogeni come i coronavirus e i virus dell’influenza. Anche se non compare in etichetta, il rischio di nuove epidemie è un prezzo troppo alto da pagare per continuare a produrre sempre più carne a basso costo”.
Secondo l'associazione, "invertire la rotta è possibile: Greenpeace chiede al governo di usare i fondi pubblici per accompagnare una transizione ecologica del settore, sostenendo economicamente le aziende che producono su piccola scala e gli allevatori che intendono uscire dal modello intensivo riducendo anche il numero degli animali allevati. Questo dovrebbe essere un pilastro delle politiche agricole che l'Italia è chiamata ad adottare entro dicembre 2021", concludono gli ambientalisti.