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Sette anni senza il "Presidentissimo": i tifosi della Salernitana ricordano Peppino Soglia

Il coro della curva Sud, la curva nuova, era un tormentone: "Lode a te, Peppino Soglia". I suoi inviti all'adunata erano allo stesso modo un cult: "L'ho detto sempre, restiamo uniti, quest'anno ho costruito una squadra da Coppa dei Campioni. Domenica solo un obiettivo: vincere, superlativo assoluto"

Il coro della curva Sud, la curva nuova dello stadio Vestuti, era un tormentone: "Lode a te, Peppino Soglia". I suoi inviti all'adunata erano allo stesso modo un cult: "L'ho detto sempre, restiamo uniti, quest'anno ho costruito una squadra da Coppa dei Campioni. Domenica solo un obiettivo: vincere, superlativo assoluto". Sono parole scolpite nella roccia della memoria, nel cuore dei nati al Vestuti. Oggi, 12 novembre, Salerno ricorda - perché gli uomini buoni non si dimenticano e le cose belle si tramandano - il presidentissimo della Salernitana, Peppino Soglia, morto il 12 novembre di 7 anni fa.

La contestazione sotto casa e il trionfo

Erano gli anni dello striscione "La B o la fine"; erano anche gli anni della contestazione sotto casa Soglia, ad esempio dopo una turbolenta partita contro l'Ischia. Erano pure gli anni inquieti, agitati, come le recinzioni scosse e che poi cadevano allo stadio. Salerno era stanca di essere definita la vecchia signora della C: voleva di più, meritava di più, il meglio. Erano gli anni del cinema Capitol pieno e della Serie B che era già cosa fatta in estate, sui giornali e davanti ai bar "perché quest'anno - ripeteva Don Peppino - ho costruito una squadra eccezionale, da Coppa dei Campioni". I suoi giocatori erano come figli: i più giovani li portava a mangiare anche a casa sua "e ricordo - ha più volte detto Ciro Ferrara, uno con la casacca granata come seconda pelle - che restavamo estasiati dalla saletta cinematografica che aveva fatto costruire in un ampio salone". Poi arrivò Agostino Di Bartolomei, il signore del calcio che viaggiava con il borsello e il doppio petto. Firmò in Costiera Amalfitana, come Ribéry; rimase in silenzio quando Pasinato osò relegarlo in un angolo. Poi DiBa ebbe la sua rivincita e Salerno il suo riscatto: bum, bum, bum, contro il Catania, a Caserta e soprattutto a Brindisi, davanti ad una città che si era trasferita in Puglia. La Salernitana conquistò la Serie B e Don Peppino, che ogni giorno indossava il caschetto e trascorreva del tempo sui gradoni dello stadio Arechi in costruzione, fu portato in trionfo sulla pista di atletica dello stadio Vestuti, dopo una partita sotto la pioggia e una melina infinita, contro il Taranto. "Presidè, è fatta presidè", gli urlava Virno Lamberti. Oggi è un ricordo, oggi è memoria, insieme a qualche lacrima nostralgica. Che resta "unita", come piaceva a lui. Unito in cielo insieme a Bruno Carmando, magico masseur, ed a Giancarlo Ansaloni, alla guida di undici leoni.

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