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L'editoriale / Salernitana, se questo è calcio...

L'analisi del momento storico vissuto dal club granata dopo il pareggio casalingo con la Pro Vercelli

Confusa, svogliata, sterile, incapace addirittura - in alcuni frangenti - di fare tre passaggi consecutivi. E' questa l'istantanea della Salernitana odierna, lontana parente di quella squadra 'ammirata' a ottobre e a novembre, capace di esprirmere un gioco gradevole e di inserirsi addirittura in pianta stabile in zona play off. Di quella formazione, aiutata perché no anche dalla 'Dea bendata' in alcune partite, oggi vi è solo un pallido ricordo. La prestazione di ieri dei ragazzi di Colantuono infatti, ha fatto registrare il punto più basso, in particolar modo nella prima frazione, quando l'intensità e la qualità di gioco espressa da Minala e soci sembrava quella di una partitella del giovedì.

Rabbuiati e amareggiati i tifosi della Salernitana hanno assistito quasi impotenti ad una performance collettiva desolante, al cospetto di una formazione, la Pro Vercelli, rabberciata dalle tante assenze. Insomma, uno sparring partner ideale per prendere una boccata d'ossigeno in termini di punti, e invece, i granata sono riusciti nell'improba missione di steccare anche contro chi annaspa sul fondo della classifica, ringalluzzendo le ambizioni salvezza dei 'leoni piemontesi'. Tale involuzione tecnica, fa il paio con la sempre più incomprensibile e inconsitente gestione societaria, totalmente disinteressata dalla 'cosa granata', eccezion fatta per il blitz di venerdì del co-patron Mezzaroma. Tutto ciò ovviamente non basta, non può bastare, la gente lo percepisce e da tale consapevolezza aumenta lo scollamento tra la tifoseria, sempre più stanca e disamorata da questa mediocrità imperante, e la proprietà sempre più distante dall'ordinaria amministrazione di un club che 'dovrebbe'  vivere della passione del suo popolo. 

In tanti, giunti a questo punto di un film già visto, e andato in onda in replica durante le due ultime stagioni, si pongono un quesito, scontato ma non banale: "Che senso ha tutto questo?".

Al di là dalle banali teorie complottistiche (frutto spesso di illazioni che potrebbero sfociare nella dietrologia) che molti lettori fornirebbero come risposta, la verità è che anche gli addetti ai lavori hanno difficoltà a fornire elementi validi di discussione, vuoi perché chi è deputato a far domande si trova al cospetto di un muro di gomma che, quando sollecitato sugli obiettivi societari, anestetizza la questione con un laconico "vogliamo fare meglio del campionato scorso". Un escamotage dialettico che maschera goffamente l'intento di vivacchiare "in attesa di", certo, ma  l'arcano non viene sciolto e l'incomprensibile 'modus operandi' della proprietà resta un mistero. Nelle more, fa specie constatare il disinteresse totale dell'aspirante senatore Claudio Lotito, che, da mesi oramai, tratta con indifferenza la Salernitana, considerata quasi alla stregua di una figlia naturale venuta fuori da una relazione extra-coniugale.

A pagar dazio alla fine però non sono solo i tifosi granata, ma anche il calcio e lo sport più in generale nella sua concezione più pura, che vive di passione, competizione e sana ambizione. Elementi, questi, che da tre anni a questa parte oramai non albergano a Salerno, costretta - calcisticamente parlando - ad annaspare nella mediocrità del 'vorrei ma non posso'. "Nella vita, non bisogna mai rassegnarsi, arrendersi alla mediocrità, bensì uscire da quella “zona grigia” in cui tutto è abitudine e rassegnazione passiva (cit. Montalcini)", ma per far si che ciò accada è necessario un sussulto d'orgolglio da parte dell'unica componente che in questa storia malinconica è mossa da una sana passione: la tifoseria. 

L'amore viscerale per la casacca granata è l'unica miccia, forse, che può ancora scuotere dal torpore in cui versa questa società senza più apparenti ambizioni. E mi scuseranno 'benpensanti' o gli assertori del 'politicamente corretto', ma  "se questo è calcio...". 

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