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Domenica, 28 Aprile 2024
Cronaca Angri

Brucia vivo il fratello, il killer dopo il delitto: "Se scampo questa, prendo il posto di Lupin"

L'uomo intercettato in auto nei giorni successivi al delitto. Ecco come la Procura lo ha incastrato, tra intercettazioni, riprese di telecamere e contraddizioni emerse nel racconto ai carabinieri

"Se scampo anche questa, secondo me o faccio la botta o mi ammazzo solo io, o posso prendere il posto di Lupin". E ancora: "Devono trovare sempre le prove". Parole che sembrano quasi una confessione, quelle pronunciate mentre è solo, in auto, da Antonio Martone, finito in carcere per aver ucciso il fratello, incendiandone il corpo dopo averlo presumibilmente tramortito. Le sue parole emergono dalle intercettazioni dei carabinieri nei giorni successivi alla scoperta del cadavere del fratello in un terreno di Lettere. 

L'inchiesta

L'indagato pare si sentisse al sicuro, almeno dal tenore delle sue parole, pronunciate mentre è da solo in auto, intervallate da una canzone apparemente senza senso che gli inquirenti ascoltano: "Sciuscià, sciuscià, l'ingegnere ingegna - dice - faccio arrestare tutti quanti!". Poi quella riflessione, che suona come una condanna per lui. Ne sono convinti Pm e Gip, con quest'ultimo che giorni fa ha convalidato il fermo in carcere per il pericolo di fuga. Per il giudice l'uomo puntava a riscuotere il premio assicurativo di 300mila euro, legato all'assicurazione sulla vita stipulata dal fratello, per poi fuggire in Asia, dove c'era la sua fidanzata. Quest'ultima avrebbe dovuto soggiornare proprio dal ragazzo, ma per il giudice è presumibile anche il contrario, in ragione dei contatti che l'indagato aveva in un altro stato, le Filippine. Questo, anche per il lavoro da cuoco che svolgeva sulle navi, che lo stesso aveva poi rifiutato di continuare in passato - come raccontato agli inquirenti - a seguito di minacce di morte ricevute. Dieci giorni dopo, dopo essere stato sentito nuovamente dai carabinieri, Martone fu arrestato con un decreto di fermo. 

Le telecamere riprendono il killer

E' il 30 marzo scorso, quando a Lettere, in provincia di Napoli, i carabinieri intervengono dietro segnalazione di un uomo, che spiega di aver trovato un corpo carbonizzato. "Credevo fosse un manichino, poi ho visto le scarpe e ho chiamato aiuto" dirà agli inquirenti. L'autopsia chiarirà che l'uomo era stato bruciato mentre era vivo, i polmoni erano ancora pieni di fumo. Viene identificato dall'auto parcheggiata poco distante e da un Green Pass: era il 33enne Domenico Martone. Faceva il lavoratore stagionale di una ditta di conserve. Non ci sono precedenti a suo carico. Un ragazzo come altri. Da indagini, i carabinieri scoprono che un anno prima aveva stipulato due polizze sulla vita. Beneficiario, il fratello, cuoco imbarcato su navi da crociera. Ed è su di lui che si concentrano le indagini: le telecamere svelano che in quelle ore è stato anche lui da quelle parti. Ai carabinieri, però, lo aveva negato. La sua auto viene riempita di microspie dai carabinieri. E' così che lo intercettano, mentre canta euforico e poi si lancia in una riflessione sullo stato delle indagini. La tesi della Procura viene poi condivisa anche dal gip, riguardo l'omicidio premeditato. 

L'omicidio

Antonio Martone fu ascoltato dopo il ritrovamento del cadavere del fratello, ma ai carabinieri disse di essere stato altrove. Quel giorno, però, le telecamere mostrarono che era insieme al fratello, salendo con lui in automobile per andare a Lettere. Le telecamere posizionate nei pressi dell'abitazione dei due fratelli riprendono anche Antonio che prende due taniche e le nasconde nel cofano: per gli inquirenti contengono il liquido infiammabile, insieme a della legna, che verrà usato per dare fuoco alla vittima. Poi altri impianti di videosorveglianza raccontano il resto della storia, aiutando a ricostruire il percorso dei due tra Sant'Antonio Abate, Angri e Lettere.

 L'indagato odorerà anche le sue scarpe, per capire se fossero intrise di benzina. L'indagato avrebbe poi attirato il fratello in quel luogo con una trappola: l'uomo gli manda un messaggio sul cellulare, usando un numero che Domenico non conosce. Finge di essere una donna polacca che vuole incontrarlo e che porterà un'amica per fare compagnia al fratello. Una uscita a quattro, con le due che si sarebbero sedute una davanti, accanto al conducente, e l'altra dietro. E Domenico ci crede. Così, quando partono, si siede sul sedile posteriore. Invece della donna, ad aspettarlo troverà la morte: tramortito e dato alle fiamme mentre era ancora vivo. Tante le incongruenze emerse durante il suo interrogatorio, se raffrontato con le indagini dei carabinieri. A partire dalla telefonata con il broker della polizza, alla circostanza che l'indagato non conoscesse il premio assicurativo della polizza, pur essendo il solo beneficiario. Poi i video, che lo hanno ripreso muoversi nella campagna di Lettere, con un giubbino giallo, confermato da un'altra persona, a Nocera Inferiore, che quel giorno lo aveva visto proprio nella città dell'Agro.

"L'indagato ha dimostrato un'agghiacciante freddezza - spiega il gip - in tutte le fasi del crimine: in quella della premeditazione del delitto, nella fase successiva, avendo gli immediatamente contattato la compagnia assicurativa per riscuotere l'indennizzo previsto per la morte del fratello, oltre ad essersi abbandonato a canzoni mentre, il 31 marzo, si recava a recuperare l'auto del fratello defunto, sia nella commissione del delitto, avendo dato fuoco al corpo del fratello mentre era ancora vivo. Dunque, è concreto e attuale il pericolo che l'indagato, nonostante l'incensuratezza, se rimesso in libertà, possa commettere gravi delitti della stessa specie di quelli per cui si procede"

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