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Porto di Salerno, Cammarota avvia la petizione: "Delocalizziamolo a Pontecagnano"

L’iniziativa è stata presentata, oltre che da Cammarota, anche da Rosario Peduto e Ida Buongiorno: “La trasformazione urbana impone una visione organica, sociale, nell’identità. Salerno ha solo nel mare il suo destino. Un destino, da sempre, tradito”

Delocalizzare il porto di Salerno tra i comuni di Pontecagnano ed Eboli. A lanciare la proposta, anche attraverso una petizione popolare, è l’associazione “La Nostra Libertà” presieduta dal consigliere comunale di opposizione Antonio Cammarota che invita l’amministrazione comunale e tutti gli operatori pubblici e privati del porto del capoluogo a partecipare ad un confronto su questo progetto, di cui è iniziato a discutere già negli anni passati. L’iniziativa è stata presentata, nel corso di una conferenza stampa, oltre che da Cammarota, anche da Rosario Peduto e Ida Buongiorno. “La trasformazione urbana – hanno spiegato - impone una visione organica, sociale, nell’identità. Salerno, al netto delle improbabili Luci invernali e della cementificazione muscolare, ha solo nel mare il suo destino. Un destino, da sempre, tradito”.

“Noi – ha aggiunto Cammarota - difendiamo il porto commerciale di Salerno, lo abbiamo fatto pubblicamente con un manifesto e in consiglio comunale, perchè eccellenza produttiva costruita in decenni di duro lavoro che dà il pane a centinaia di famiglie e ai nostri giovani. Il porto però, non può crescere, perché danneggia se stesso e la città di Salerno. E se non cresce, muore. Così dov’è, il porto blocca l’accesso della Porta Ovest, non ha una rotaia, intasa con i tir il viadotto Gatto sempre più fatiscente e pericoloso, mortifica zone bellissime della città. Sono insufficienti le strutture e le infrastrutture, si perfora senza riuscirci la montagna di Canalone per migliaia di mezzi pesanti, in commissione urbanistica si discute dell’area retro portuale a San Mango Piemonte, si insegue un dragaggio improbabile”.

Di qui la necessità di una svolta: “Sono necessarie nuove opere, e questa è una grande occasione per ridiscutere tutto. Delocalizzare il Porto vuol dire innanzitutto valorizzare la Città del Mare e creare lavoro per i nostri giovani. Tanti ricordano i bagni Savoia, che gemellavano Salerno con Sorrento, Positano, Capri. Quella grande area liberata può diventare il colpo d’ala, l’argento vivo del nuovo rinascimento salernitano, finalmente coerente al suo destino. Il viadotto Gatto sarà libero, i turisti potranno salire in galleria con funicolari leggere, Salerno diventerà finalmente la piccola Barcellona immaginata da sempre. Ci sarà la grande spiaggia invocata da De Luca, gli antichi bagni di Salerno, la valorizzazione dell’Olivieri, un porto finalmente solo turistico, centri di esposizione del nostro commercio.Certo, è necessario il confronto con gli operatori del porto, privati e istituzionali. E il loro consenso. Ma un antico progetto immaginava il grande Porto dopo Pontecagnano, un braccio di sovra flutto di un paio di miglia a chiudere il mare. Se in pochi mesi un imprenditore privato ha costruito in una zona improbabile un porto per yacht di cento metri per il suo legittimo lucro, più deve valere per l’interesse pubblico”.

Per Cammarota, dunque, il progetto della delocalizzazione non è un’utopia: “Se solo lo scorso anno in Regione Campania ancora si discuteva di studi di fattibilità per delocalizzare il Porto, se il dragaggio di quello esistente è necessario e inutile, se Napoli è ancora troppo più grande, una riflessione, ora, va fatta. Si può e si deve, dunque, immaginare la delocalizzazione, come avvenne per l’ospedale e l’Università, che oggi sono le eccellenze che tutti invidiano perché tanti anni fa si seppe immaginare il futuro. Delocalizziamo il Porto in un’area ad hoc, con strutture e infrastrutture d’avanguardia, ben servita da rotaie, con un grande retro porto, spazi di stazionamento e di servizi, collegamenti con la metropolitana, con l’autostrada, e finalmente con l’aeroporto, e prospettive di crescita e di ampliamento le più ampie possibili. Non sfugge la necessità di un grande respiro, una sinergia tra livelli istituzionali, tra pubblico e privato, per attingere a finanziamenti pubblici ed europei, che potrà significare innanzitutto tanto nuovo vero lavoro per i nostri giovani. Se ne discuta, allora. Si può, si deve”.

 Alla delocalizzazione del porto, la Nostra libertà allega anche altre proposte per dar vita alla “Città del Mare”: un progetto di riqualificazione del lungomare da Piazza della Concordia a La Carnale; un arenile simile a quello di Santa Teresa sul litorale di Torrione e Mercatello; un boulevard dall’Embarcadero a Piazza della Concordia ma anche eventi estivi (la Festa del Mare, i Fuochi d’Artista, la Regata Storica di San Matteo ecc..) e la realizzazione di un polo della cantieristica navale con la promozione di una fiera internazionale della nautica.

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