Nell'ardore della nostra camera
Dopo il Teatro Tor Bella Monaca di Roma, il Teatro Comunale di Veroli e Napoli approda a Salerno, “NELL’ARDORE DELLA NOSTRA CAMERA” di Massimo Sgorbani. Protagonista Donatella Busini diretta da Paolo Orlandelli che veste i panni di una vedova frustrata e sottomessa dai soprusi del marito in vita; che ora giace inerme li davanti a lei, occasione per urlare tutta la sua rabbia per un riscatto che rimarrà solo nelle intenzioni.
“Questa stronzata della famiglia”. Nel delicato momento di passaggio tra il secolo XX° e il XI°, quando cadono i tabù e la religione cattolica comincia a collassare sotto il peso dell’anacronismo e dell’ipocrisia, Sgorbani apre e fotografa il contenuto di uno di quegli “armadi” che in molti preferiscono tenere ben chiusi, perché fa male constatare la piccolezza e la meschinità di un’educazione che ha prodotto soprattutto dei rivoltanti mostri.
Dei testi di Massimo Sgorbani si dice che siano delle confessioni: è vero, perché consistono nella trascrizione di pensieri e di moti interiori spesso impronunciabili. Ma la pratica più estrema esercitata da Sgorbani è, a mio avviso, la vivisezione. Come il suo sguardo riesca a cogliere e la sua penna a descrivere i rimuginamenti che gorgogliano nei più profondi recessi dell’animo umano, è un mistero che - come Sgorbani ha dichiarato - sorprende lui stesso.
Imbarcato in un una sonda microscopica, improvvisamente solo per l’intimità alla quale l’autore lo costringe, lo spettatore procede tra gli strettissimi meandri del cervello, si inerpica lungo i gangli e scivola nelle sinapsi, tra sogni, ricordi e avvenimenti, per fuoriuscire dagli occhi, dal naso, dalla bocca, dalle orecchie, dalla vagina o dal glande di personaggi di una mostruosa umanità nella quale è impossibile non riconoscersi.
Un’esperienza sconvolgente e mai provata prima. Buon viaggio.
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